30 gennaio 2025

Settimana corta e smart working, siamo davvero pronti al futuro?

Autore: Angela Taverna
Da settimane, in Italia si discute animatamente sull’introduzione della settimana corta, una soluzione che promette un migliore equilibrio tra vita professionale e privata. In molti paesi del Nord Europa, questa pratica è già realtà, espressione di un nuovo paradigma lavorativo che pone al centro la persona e le sue esigenze, favorendo un autentico work-life balance.

I sostenitori della settimana corta vedono in essa un’opportunità per migliorare la qualità della vita, ridurre lo stress e creare spazio per dedicare del tempo a sé stessi e alla famiglia. Tuttavia, l’implementazione di questo modello presenta vantaggi e criticità.

Da un lato, c’è chi accoglie con entusiasmo l’idea di sacrificare alcune pause e accettare una maggiore flessibilità sull’orario di lavoro pur di ottenere un giorno libero in più. Dall’altro, il rischio di concentrare le stesse ore settimanali su meno giorni, senza una riduzione proporzionale del carico di lavoro, potrebbe tradursi in maggiore stress e affaticamento.

Il sentore pubblico è positivamente orientato verso la settimana corta anche a costo di reciproche concessioni, l’unica concessione che pochi sarebbero disposti a perpetrare consiste nella riduzione dello stipendio in cambio di più ore libere. Secondo un sondaggio, 4 lavoratori su 5 si dichiarano favorevoli alla settimana corta, ma ovviamente a determinate condizioni.

Il caso Unipol: un esperimento a metà - Tra le prime aziende private in Italia ad introdurre la questione riguardante la flessibilità in tutte le sue sfaccettature è stata proprio Unipol. Proprio lo scorso dicembre i sindacati interni all’azienda, attraverso un referendum, hanno chiesto mandato per avviare trattative con i vertici aziendali su temi cruciali quali la settimana corta, lo smart working e la riduzione dell’orario di lavoro. La strada dei negoziati, tuttavia, si è rivelata fin dall’inizio particolarmente impervia, poiché tali rilevanti richieste sono state accorpate in un unico tavolo negoziale, senza il coinvolgimento delle segreterie sindacali nazionali. Da parte sua, Unipol si è dichiarata disponibile a introdurre alcune misure di flessibilità, quali permessi retribuiti, elasticità negli orari di ingresso e uscita, e la possibilità di recuperare o retribuire le ore aggiuntive. L’azienda ha inoltre concesso un giorno settimanale di smart working per i dipendenti del call center, inclusi i fine settimana, e ha ampliato i giorni di permesso per le neomamme, incentivando il ricorso al lavoro agile.

Nonostante questi segnali di apertura sul fronte della flessibilità, la questione della settimana corta resta irrisolta. I sindacati spingono per una significativa riduzione delle ore lavorative settimanali, proponendo un modello che includa 4 giorni di smart working al mese. L’azienda, invece, si limita a proporre una riduzione da 37 a 36 ore settimanali, un compromesso che i rappresentanti dei lavoratori giudicano inadeguato.

Un ulteriore motivo di scontro riguarda la gestione del giorno libero: l’azienda suggerisce un modello rigido che preveda una settimana lavorativa strutturata dal lunedì al giovedì o dal martedì al venerdì. Al contrario, i sindacati insistono sulla necessità di maggiore flessibilità nella definizione di tale giorno.

Un’opportunità mancata? - Quello che poteva essere un modello rivoluzionario e un esempio per altre realtà lavorative private italiane si è arenato in un limbo di trattative inconcludenti. La settimana corta, almeno per ora, sembra destinata a restare un’idea sulla carta, incapace di superare le resistenze culturali e strutturali del nostro paese.

Forse l’Italia non è ancora pronta per una trasformazione così radicale. L’adozione della settimana corta richiede non solo un cambiamento organizzativo, ma anche di mentalità imprenditoriale e gestionale, recependo l’idea che si può lavorare meno per lavorare meglio. Finché questi elementi non saranno pienamente sviluppati, il percorso verso una rivoluzione lavorativa autentica resterà incerto.

L’introduzione della possibilità di scegliere il modello organizzativo della settimana corta nel CCNL Funzioni Centrali rappresenta un punto di svolta. Per la prima volta, il settore pubblico anticipa quello privato, offrendo un’opportunità che non solo funge da banco di prova, ma che si auspica possa diventare un modello da seguire anche per le realtà private.

In ogni caso, l’introduzione di modelli più flessibili e orientati al benessere dei lavoratori rimane una sfida cruciale per il futuro. La domanda è: sapremo cogliere questa occasione o continueremo a rimandare?
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