È un vero e proprio allarme, quello che lanciano i risultati dell’8° Rapporto “Censis-Eudaimon” dedicato al welfare aziendale, secondo cui l’83,4% dei lavoratori italiani con contratto da dipendente ritiene fondamentale che il proprio lavoro contribuisca non solo al mantenimento economico familiare, ma anche al benessere fisico, psicologico e olistico.
La pensano così, nel dettaglio, il 76,8% dei dirigenti, l’86,1% degli impiegati ed il 79,5% degli operai, ma la vera curiosità è che dividendo le risposte per fasce d’età, più questa cresce, più il bisogno di tranquillità diventa sentito: dal 75% di chi fra 18 e 34 anni all’85,7% di coloro che hanno tra 35 e 54 anni, per arrivare all’88,4% dai 55 anni in su.
Nel rapporto, realizzato con la collaborazione di Eudaimon e con il contributo di Credem, Edison, Michelin e OVS, il 31,8% dei lavoratori dipendenti ha provato almeno una volta sensazioni di esaurimento, estraneità o negatività verso il proprio lavoro. Il 47,7% dei giovani, il 28,2% degli adulti e il 23,0% dei dipendenti più anziani si spinge più in là, ammettendo di essere vittima del “burnout”, lo stato psicologico confusionale di chi improvvisamente non riesce più a fronteggiare la mole delle incombenze quotidiane.
Ma è alta anche la percentuale di chi sul posto di lavoro ha provato situazioni di stress o ansia (73%), seguito da chi non sempre è riuscito a trovare il giusto equilibrio tra vita privata e lavoro (76,8%), da quanti si sentono spesso sopraffatti dalle responsabilità quotidiane (75,9%) e per finire da chi avverte troppa pressione addosso quando lavora (73,9%).
Arrivando alle possibili colpe, il 67,3% ha provato frustrazione non avvertendo supporto o comprensione dal datore di lavoro, il 68,5% avverte la mancanza di sforzi per creare un ambiente di lavoro armonioso, il 65% trova difficoltà nel trovare concentrazione causa dello stress e il 36,7% si è visto costretto a fare ricorso al supporto psicologico o al counseling.
E raggiunge i 3 milioni, il numero di dipendenti affetti da quella che è definita “sindrome da corridoio”, ovvero quella sensazione di smarrimento che si prova passando fra l’ambiente lavorativo e quello privato: il 25,7% dei dipendenti porta sul lavoro i problemi di casa con effetti negativi sulle proprie mansioni, e viceversa, il 36,1% si porta i problemi sul lavoro a casa, finendo per minare le relazioni familiari. Uno stato confusionale provato dal 41,0% dei più giovani, dal 34,9% degli adulti e il 33,7% dei dipendenti più anziani.
Il 63,5% dei dipendenti ambirebbe trovare un supporto attraverso attività di meditazione, yoga o supporto psicologico, mentre il 38,2% ritiene che la mindfulness sarebbe di aiuto nella gestione dello stress.
“L’anelito al benessere è di tutti e riguarda tutte le dimensioni: fisica, mentale, sociale ed economica – precisa Alberto Perfumo, ad di Eudaimon – i tempi sono maturi per le aziende per proporsi come hub del benessere, garantendo ascolto e accompagnamento alle soluzioni, da quelle più piccole e quotidiane a quelle più articolate, private e pubbliche. Un ruolo nuovo che garantisce più attenzione alle persone e maggior coinvolgimento”.
“La ricerca dimostra che ormai quando entrano in azienda le persone non rinunciano all’obiettivo del proprio benessere olistico, cioè psicofisico e sociale – aggiunge Giorgio De Rita, Segretario generale del CENSIS - tuttavia, sono ancora molte le situazioni di stress legate al lavoro e in particolare la ‘sindrome da corridoio’. Attrarre e trattenere lavoratori significa sempre più misurarsi con le loro nuove e inedite aspettative”.
Soluzioni? Per l’85,8% dei dipendenti italiani una delle strade percorribili è fare ricorso in modo massiccio al welfare aziendale attraverso corsi di fitness o palestra (80,3%), favorire l’accesso alla cultura (74,8%) e ancora attivare supporti per garantire la salute mentale (68,5%). Peccato che l’11,1% degli occupati ignori totalmente l’esistenza del welfare aziendale.