A Ernesto Maria Ruffini è riuscita un’impresa considerata al limite dell’impossibile: lo scorso anno, l’Agenzia delle Entrate, la gloriosa macchina da guerra che guida dal 2020, ha recuperato 25 miliardi di euro di evasione. Di questi, ha precisato orgogliosamente l’Agenzia nel corso della conferenza stampa di presentazione dei dati 2023, alla presenza del Ministero Giorgetti e del suo vice Leo, ben 11,6 arrivano da controlli e verifiche, e soltanto 5,1 si deve invece a misure come la rottamazione delle cartelle e la pace fiscale. Al calcolo vanno aggiunti altri 6,7 miliardi recuperati dal lavoro che Agenzia delle Entrate-Riscossione svolge per conto di enti come Inps, Inail, Prefetture, Regioni, Comuni e Ministeri. Per finire in bellezza con la collaborazione fra AdE e Guardia di Finanza che ha permesso di bloccare sul nascere 2,2 miliardi di crediti inesistenti che si sarebbero aggiunti alla voragine creata dai bonus edilizi.
Risultati che sono un record assoluto per l’Italia ma non significano l’aver vinto una guerra ancora lunga, anche se sarebbe ingiusto non ammettere che la strada sia quella giusta per stanare chi ancora è convinto che “un milionario è solo un miliardario che ha appena pagato le tasse”, come diceva Jean Rigaux, un comico francese.
Un’impresa, quella orchestrata da Ruffini, che per di più è andata avanti controcorrente, con l’avversione mai nascosta dell’esecutivo sull’argomento, culminata con la proposta di qualche mese fa del ministro Nordio di tagliare i processi per evasione e l’arrivo del concordato fiscale a cui è ammesso anche chi è in odore di evasione.
Oltre alla più vasta operazione di recupero mai vista in Italia, a scendere è anche il tax gap, il numerino che indica la propensione all’evasione, risultato del calcolo fra le tasse incassate e quelle da incassare, passato dagli 89,5 miliardi del 2016 ai 66,5 del 2021, al netto però di contributi, Imu e accise. Ben 4,2 miliardi di questi dovrebbero essere destinati al fondo per la riduzione della pressione fiscale, ma la decisione su come utilizzarli è rimandata ad aprile con il Documento di economia e finanza.
Una campagna aggressiva che ha fatto fiutare a molti evasori puzza di bruciato spingendoli verso il “gettito spontaneo” che per il 2023 vale 536 miliardi, il 5% in più dell’anno precedente.
“Il punto terminale della riforma fiscale sta proprio nell’Agenzia delle Entrate – ha commentato il ministro dell’economia Giorgetti – un ruolo scomodo e delicatissimo che però è decisivo per segnare la riuscita dell’operazione”. Incalzato sulla situazione dell’economia italiana, il ministro ha aggiunto: “La ripresa è modesta ma superiore alla media europea. Siamo in un momento economico molto complesso, ma l’economia ha mostrato capacità di resilienza in una situazione con difficoltà notevoli, ma i segnali che arrivano dal tasso di occupazione e disoccupazione sono notevoli”.
“Tutto sta andando nella direzione che vogliamo – ha aggiunto il viceministro dell’Economia e delle Finanze, Maurizio Leo. L’ottimo risultato da consolidare con la riforma è la giusta premessa per una svolta del sistema fiscale che passa anche da un’ulteriore riduzione delle aliquote. Nella ricerca alle risorse avrà un ruolo centrale la sfida del concordato preventivo, ma verso i contribuenti che non aderiranno non ci sarà nessuna persecuzione, nessuna caccia alle streghe, ma nella normale prassi del rispetto della legge e della privacy cercheremo di sapere perché il contribuente, a fronte di una proposta interessante, non si adegua”.
Il merito del nuovo spirito combattivo che muove l’Agenzia delle Entrate, ha precisato il direttore, si deve anche al piano di assunzione che ha portato all’ingresso negli organici di circa 3mila giovani nel 2023, a cui nel prossimo triennio se ne aggiungeranno altri 1.500. Nuove leve che permetteranno all’Agenzia un salto di qualità con l’incremento di soluzioni informatiche e tecnologiche.