Nel secondo trimestre dell’anno, il Pil cinese segna un confortante +7,9%, che tuttavia dimostra un forte rallentamento rispetto al record storico del primo, chiuso con un roboante +18,3%. Diffusi dall’Ufficio statistico nazionale, i dati dimostrano che il paese sta affrontando difficoltà dovute all’aumento dei prezzi delle materie prime e interruzioni della catena di approvvigionamento che hanno colpito la produzione. Il dato, secondo alcuni analisti, è minore delle previsioni che ipotizzavano una crescita superiore all’8,1%.
Negli ultimi mesi, l’economia cinese ha mostrato alcuni segnali preoccupanti: i prezzi record delle materie prime hanno spinto l’inflazione ai livelli più alti in più da un decennio a questa parte, mentre le interruzioni della catena di approvvigionamento causate da arretrati di spedizione e carenze di energia hanno frenato la produzione industriale.
Anche la crescita nel settore dei servizi segna il passo a causa delle misure di contenimento per la pandemia che hanno colpito in particolare il sud del Paese.
Ma malgrado la ripresa della seconda economia mondiale sta perdendo slancio, la Cina è ancora sulla buona strada per superare l’obiettivo di crescita annuale fissato al 6%.
I dati mostrano anche che a giugno le vendite al dettaglio sono salite del 12% rispetto a un anno fa, mentre la produzione industriale è aumentata dell’8,3%.
Le preoccupazioni per una crescita più debole sono aumentate la scorsa settimana, quando che la “People’s Bank of China” ha ridotto la quantità di denaro che le istituzioni finanziarie devono obbligatoriamente tenere come riserva. La mossa di ridurre l’indice di 50 punti base ha sorpreso gli osservatori, che hanno letto un indizio della ripresa economica vacillante.
In compenso le esportazioni sono aumentate di +32,2% rispetto ad un anno fa, e lo stesso ha fatto l’import, anche se vittima di un rallentamento iniziato da maggio.
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