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L’orsa espiatoria

Autore: Ester Annetta
Nessuno mette in dubbio che la morte di Andrea Papi sia stata una tragedia e non è perciò condivisibile la critica di quanti sostengono che si stia viceversa dando più attenzione alle sorti dell’orsa che l’ha ucciso.

Il dolore è comprensibile, la rabbia altrettanto; ma non si può tuttavia prescindere da considerazioni che vanno necessariamente poste a monte dell’intera vicenda, giacché, sull’onda dell’indignazione, è facile che si scavalchi la ragione per dar seguito a quell’opportunità che reclama a tutti i costi un capro espiatorio.

Da un lato c’è un essere umano: un ragazzo di 26 anni, che in un pomeriggio di aprile, mentre si allenava nella corsa nei boschi sopra la sua Caldes, in Val di Sole, si è trovato faccia a faccia con un’orsa che l’ha aggredito, lasciandolo senza vita.

Dall’altro c’è, invece, un animale: un’orsa, appunto, che, insieme ai suoi tre cuccioli, lo stesso pomeriggio vagava per quei boschi e che, imbattutasi in un iindividuo d’altra specie, ha fatto ciò che il suo istinto le suggeriva. Proteggere i suoi piccoli.

Nel mezzo si trova la Volontà Umana, quella che, sul finire degli anni ’90 aveva deciso di ripopolare di orsi le Alpi centrali. Lo aveva fatto con un progetto finanziato dall’Unione Europea, ”Life Ursus”, ideato dalla provincia di Trento insieme al Parco Adamello Brenta e all'Istituto nazionale della fauna selvatica. L’obiettivo era quello di ricostituire, entro qualche decennio, una popolazione di 40-50 esemplari.

L’‘importazione’ dei primi orsi era avvenuta dalla Slovenia: qui venivano catturati, anestetizzati e infine trasferiti ad arricchire il paesaggio montano trentino, in realtà già di per sé incantevole senza che vi fosse bisogno d’altro. Ma evidentemente gli appetiti suscitati dai generosi compensi europei non erano rinunciabili! E, d’altro canto, l’Uomo autore di quella Volontà era evidentemente convinto che – come ormai aveva preso a fare da decenni – avrebbe potuto ancora una volta forzare la natura, addirittura piegando l’istinto riproduttivo animale ad una scelta di contenimento procreativo fissato alle 40-50 unità programmate. Superbo come non mai, egli aveva addirittura creduto di poter controllare ogni altro istinto dell’Animale – essere suo pari per genere, ma inferiore perché irrazionale – limitandone lo spazio di movimento senza prevedere barriere e, addirittura, sopprimendo il suo istinto di difesa e di protezione. Doveva averlo immaginato, insomma, come ogni altro ‘migrante’ stabilitosi nel proprio territorio: un ospite che, per riconoscenza alla mano che l’aveva accolto e sfamato, si sarebbe comportato educatamente, senza creare fastidi.

Per meglio affermare il suo dominio e la sua capacità di controllo, l’Uomo aveva persino smesso di chiamare il suoi ospiti con un nome, come aveva fatto con i primi: un nome equivaleva ad una identità e, invece, si trattava di oggetti di sua proprietà, che bastava individuare con una sigla.

JJ4 – senza altro appellativo, nemmeno quello generico di ‘orsa’ – ha invece osato contravvenire a quest’ordine di cose. Ha aggredito e ha ucciso.

Per tutta risposta è stata nuovamente catturata, addormentata e – allo stato – reclusa in attesa di giudizio. Insomma, è stata punita. E se il prossimo 11 maggio il TAR del Trentino non deciderà diversamente, sarà abbattuta.

A questo punto la domanda è: JJ4, l’orsa di 17 anni ‘migrante di seconda generazione’ (perché nata sui monti Trentini da un capostipite sloveno), lasciata libera tra quei boschi con i suoi tre cuccioli è davvero colpevole per il solo fatto di aver rispettato la propria natura? Non andrebbe forse ricercata la reale responsabilità di quanto accaduto nell’ingordigia e nella superbia umana, che, su quella natura, hanno esercitato l’ennesima forma di violenza?

Non è certo di Andrea la colpa, per essere andato a correre lungo un sentiero su cui non era segnalato il rischio di potersi imbattere in un animale pericoloso; ma non può essere nemmeno di mamma orsa, che non ha fatto altro che comportarsi secondo il suo istinto quando si è sentita minacciata insieme ai suoi cuccioli.

L’avrebbe compreso di certo che quel podista non rappresentava affatto una minaccia, se non fosse stata un animale!

Ma l’orso è orso e l’uomo è uomo. Ed è solo quest’ultimo l’essere razionale, capace perciò di trovare il modo di addossare all’altro le colpe della propria stoltezza e delle proprie mancanze.

E di pretendere che un animale sia giudicato in base a leggi umane.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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