C’è l’immagine di una tartaruga emersa a filo d’acqua, in una palude, che gioca con una libellula posatasi sul suo naso; sembra sorridere felice, godendo di quel momento di pacifica convivenza;
c’è poi quella di due leonesse intente a pulire devotamente, leccandolo, un cucciolo del branco, che, seduto al centro tra loro, si bea di quel concentrato di cure ed attenzioni. Il titolo è “genitorialità condivisa”, poiché è caratteristica tipica delle femmine di leone di allevare i cuccioli l'una dell'altra come se fossero propri, condividendo i doveri genitoriali;
c’è, ancora, l’immagine di una spettacolare aurora boreale che illumina, con i suoi riflessi, due meduse quadrifoglio in un fiordo norvegese; e quella di uno stormo nel cielo di Roma che pare disegnare la figura di un uccello con le ali spiegate.
Infine c’è l’ultima, la più delicata e toccante.
Ritrae un giovane orso polare addormentato nella cavità d’un piccolo iceberg alla deriva nel Mar Glaciale Artico.
“Ice bed” è il titolo. Con le altre quattro è stata selezionata tra oltre 50.000 scatti provenienti da 95 Paesi e si è appena aggiudicata il titolo di foto dell’anno al Wildlife Photographer of the Year People's Choice Award, edizione 2023, il concorso internazionale che dal 1965 è promosso dal Bbc Wildlife Magazine e, dal 1984, anche dal Museo di Storia Naturale di Londra.
L’autrice della foto vincitrice è una fotografa amatoriale, Nima Sarikhani, che ha trascorso tre giorni tra le acque dell’arcipelago norvegese delle Svalbard, a bordo di una nave da spedizione, in mezzo ad una fitta nebbia, prima di imbattersi in due esemplari maschi di orso polare. Li ha osservati per otto ore, finché il più giovane, alla luce del sole di mezzanotte, si è arrampicato sul piccolo iceberg, si è ritagliato un letto con i suoi artigli e si è infine addormentato.
È un’immagine di un’incantevole e triste bellezza, decisamente destinata a diventare iconica, giacché non evoca soltanto il forte ed integrale legame esistente tra un animale e il suo ambiente naturale, ma, soprattutto invita a considerare l’evidente e ormai allarmante fragilità del nostro pianeta, anch’esso alla deriva verso le conseguenze dannose che sta provocando il riscaldamento climatico. Spazi vitali sempre più ridotti, habitat irrimediabilmente compromessi, specie che rischiano di scomparire a causa dell’impossibilità di adattarsi a contesti diversi da quelli per loro essenziali.
Il tutto mentre ancora i colori, la luce, i paesaggi emanano una bellezza potente, che è quasi come il canto d’un cigno morente, armonioso e struggente.
Ma l’autrice dello scatto non si è fermata all’evidenza più drammatica, volendo invece dare anche un’ulteriore chiave di lettura alla sua immagine.
Perciò, in un comunicato stampa diffuso dopo la sua premiazione, ha così affermato: "Sebbene il cambiamento climatico sia la sfida più grande che dobbiamo affrontare, spero che questa fotografia ispiri anche speranza; c'è ancora tempo per porre rimedio al caos che abbiamo causato".
Più di 75.000 persone hanno votato al concorso, secondo quanto riferito dagli organizzatori. E, allora, se le immagini possono comunicare più delle parole, se la bellezza morente può essere d’incitamento a reagire, forse è ancora possibile risvegliare una sensibilità più diffusa verso il tema della salvezza della Terra.
La deriva di un piccolo iceberg può dunque diventare il simbolo di un’azione efficace per trasformare la speranza in soluzioni concrete.