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Educazione - comportamento

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Malcostume…mezzo gaudio

Autore: Ester Annetta
A Roma, nel quartiere Prati – notoriamente una giungla automobilistica dove riuscire a trovare un parcheggio a qualunque ora è una vincita al lotto – il proprietario di una Tesla non solo è riuscito ad accaparrarsi un posteggio sotto casa, ma dal balcone del suo appartamento al piano rialzato ha pure steso una prolunga con cui effettua la ricarica elettrica alla sua modesta auto.

La singolare foto che ritrae il cavo che si tende fino al veicolo – e al quale il proprietario si è premurato di attaccare dei fogli bianchi svolazzanti per evitare che qualche pedone distratto, non vedendolo, potesse rimanerci impigliato – ha spopolato in rete, seguita da un’innumerevole serie di repliche e commenti anche divertiti, che tuttavia sottolineano più che il plauso all’arte di arrangiarsi (che di certo non manca ai romani ma al popolo italico in generale) l’evidenza di un malcostume ormai talmente dilagante e strutturato per cui ogni azione – anche quella più evidentemente irrispettosa del prossimo – trova legittimazione.

Per carità, è pur vero che a fronte della già ampia diffusione di auto elettriche il nostro Paese non si è rivelato pronto a fornire adeguate risposte infrastrutturali: le colonnine per la ricarica sono davvero poche, introvabili ed insufficienti a soddisfare il fabbisogno degli automobilisti che hanno sposato la linea della transizione ecologica. Ed è allora una - tutto sommato - ovvia conseguenza anche il ricorso al fai da te. Ammissibile, certo. A patto che non si traduca in un atto di prepotenza, capace al tempo stesso di recare fastidio ma anche di rendere consuetudinarie pratiche diseducative, sì da trasformare il comune malcostume in una regola.

Tuttavia anche la trovata dell’automobilista – indubbiamente sfacciata e provocatoria, benché sagace e ironica – potrebbe apparire condonabile rispetto ad altre condotte che denotano invece un radicamento del malcostume talmente preoccupante da non lasciar sperare in possibili cambiamenti.

Accade quando ad essere malsano è l’esempio, il modello da cui si trae l’imprinting della condotta, che dunque non si può pretendere devii dalla traccia già impressa.

La vicenda della studentessa del Liceo Majorana di Latina ne è un chiaro esempio.

Invitata a consegnare il telefono all’entrata in classe, secondo quanto disposto da una circolare emanata dal dirigente scolastico, ha pensato bene di “chiamare la cavalleria”: il fratello ed il padre che, insieme ad una volante della polizia, sono subito accorsi. I primi hanno immediatamente aggredito il malcapitato dirigente, inveendo gravemente contro di lui; l’altra ha invece tentato di indurli a toni più miti, sottolineando pure l’apprezzabile motivazione posta a fondamento del provvedimento, dettato peraltro dall’esigenza di contrastare alcuni episodi di cyberbullismo verificatisi nell’istituto.

Vi si legge, infatti: «Siamo consapevoli di essere, con alta probabilità, impopolari ma siamo anche convinti che la scuola debba recuperare l'aspetto della socializzazione e il rispetto dell'altro. Siamo anche consapevoli che il Majorana si è distinto sempre per il fatto di andare controcorrente e allora inizieremo la salita. Confidiamo nell'aiuto dei docenti ma soprattutto degli studenti che hanno davanti a loro una nuova sfida: quella di lasciare il mondo virtuale dei social fuori dalla scuola e adottare un nuovo stile, un modus operandi ispirato al dialogo con i coetanei, al dialogo con i grandi maestri del passato, i libri... e al confronto con i maestri del presente, i propri insegnanti... per la costruzione di un futuro fatto di autentiche conoscenze».

La gravità di questo episodio poggia non solo e non tanto sull’atteggiamento - sempre più diffuso tra gli studenti - di disconoscimento sia dell’autorità in generale che, in particolare, dell’autorevolezza di insegnanti e superiori, ma, soprattutto, sull’oltranzistica difesa ormai assunta nei loro confronti dai propri genitori, a prescindere dalla fondatezza o meno della presunta “imposizione” dettata da provvedimenti ispirati invece alla liceità, alla correttezza e – diciamolo pure – alla buona educazione!

Se il modello di riferimento è diseducativo, non può che essere diseducata la condotta che vi si rispecchia; non si può pretendere che si rispettino altrove regole che non vigono neppure tra le quattro mura domestiche; non si può sperare che la sola indole – quando è buona - assolva a compiti che invece, nel concreto, spetterebbero a chi detiene una ben precisa responsabilità formativa.

Allora, che si tratti di regole di civiltà o più semplicemente di buon comportamento, la lezione da apprendere e mettere in atto è comunque la stessa, ovunque e sempre: il Rispetto.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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