Si chiama “Italian sounding”, è la pratica, messa in atto da molti Paesi nel mondo, di imitare le eccellenze agroalimentari italiane utilizzando nomi, immagini e colori che le evocano, per poi commercializzarle. Una sorta di contraffazione, che induce il consumatore ad associare spontaneamente ma erroneamente l’imitazione al prodotto autentico italiano. Alcuni addirittura stimano un fatturato all’anno di 120 miliardi di euro nel mondo.
Un fenomeno in crescita che rischia di danneggiare il vero “Made in Italy”.
Per darvi un’idea di numeri: nel mondo, oltre 2 prodotti alimentari su 3 sono falsi e sfruttano la reputazione del “Made in Italy” senza avere alcun legame produttivo e occupazionale con il nostro Paese.
Per citare alcuni esempi: Mozarella, che viene spacciata per mozzarella di bufala, Salsa Pomarola, venduta in Argentina, Zottarella prodotta in Germania, e Spagheroni olandesi, l’olio Pompeian made in Usa, i salumi più prestigiosi, dalle imitazioni del Parma e del San Daniele alla mortadella Bologna o al salame Milano venduto in tutti gli Stati Uniti, ma anche le conserve come il pomodoro San Marzano. Tra gli “orrori a tavola” non mancano i vini, dal Chianti al Prosecco, ne sono un esempio il Meer-secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco tedeschi, il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova mentre in Brasile, nella zona del Rio Grande, diversi produttori rivendicano il diritto di continuare a usare la denominazione prosecco nell’ambito dell’accordo tra Unione Europea e Paesi del Mercosur.
Questo problema riguarda tutte le categorie merceologiche, non solo alimentari.
Tra gennaio 2022 e maggio 2023 la Guardia di finanza ha sequestrato 700milioni di prodotti contraffatti, tra prodotti con falsa indicazione “Made in Italy”, prodotti non sicuri e in violazione normativa di diritto d'autore.
Solo nei giorni scorsi, la Guardia di Finanza di Torino ha sequestrato circa 140 tonnellate di generi alimentari, tra funghi, olive e ortaggi, riportanti segni e simboli tipici del “Made in Italy” ma in realtà prodotti in Spagna, Ungheria e Paesi Bassi. Qualora fosse stata immessa in commercio, questa merce avrebbe fruttato un illecito guadagno di circa 4 milioni di euro.
Quali sono le ripercussioni sul vero Made in Italy e sulla nostra economia? - Le esportazioni “Made in Italy” di prodotti agroalimentari potrebbero triplicare con lo stop mondiale alle imitazioni e ponendo un freno all’agropirateria a tavola, si potrebbero creare ben 300mila posti di lavoro.
Falso Made in Italy di prodotti agroalimentari: dove è più diffuso - I mercati con maggiori prodotti taroccati sono anche quelli in cui esportiamo maggiormente, tendenzialmente paesi ricchi. Primi tra tutti gli Stati Uniti, il paese da cui proviene il Parmesan imitazione del Parmigiano Reggiano. Qui il cibo “italiano” è arrivato a rappresentare oltre 40 miliardi di euro, un terzo in valore dell’intero mercato dei prodotti contraffatti. È infatti appurato che il 90% dei formaggi che imitano i prodotti italiani negli Stati Uniti vengono effettivamente realizzati in Wisconsin, California e New York. Al secondo posto il Canada. Ma l’industria del falso dilaga anche in Russia, per effetto delle sanzioni dell’Ucraina che hanno convinto Putin a decidere l’embargo sui prodotti agroalimentari occidentali e a potenziare l’industria alimentare locale con la produzione di cibi tarocchi.
Il fenomeno dell’“Italian sounding” è diffuso anche nel Sudamerica dove rischia di essere spinto dall’accordo di libero scambio che obbliga Parmigiano e Grana a convivere per sempre con le “brutte copie” sui mercati locali. E non manca come raccontato sopra anche l’Europa.
A cosa far attenzione quando si compra un prodotto per non farsi ingannare? - Il primo consiglio è quello di acquistare direttamente dal brand a cui si è interessati o da rivenditori ufficiali in cui è possibile verificare la provenienza del prodotto.
Bisogna stare attenti a ciò che è scritto sul retro delle confezioni dei prodotti alimentari, perché le indicazioni previste per legge devono essere messe da chiunque e sono apposte con caratteri minuscoli dietro. In evidenza invece davanti, a catturare l’attenzione, ci sono slogan fraudolenti.
Bisogna fare attenziona all’etichettatura che deve contenere informazioni specifiche tra cui: nome e ragione sociale del produttore o di chi confeziona o vende il prodotto; l’elenco degli ingredienti in ordine di peso decrescente ed eventuali additivi e il lotto di fabbricazione.
Altro consiglio, bisogna guardare con sospetto i prezzi dei prodotti troppo bassi, indice di bassa qualità.
Come si può contrastare questo fenomeno - Il governo è corso ai ripari con un pacchetto di norme per tutelare il sistema Paese anche contro l’“Italian sounding”, prevedendo, tra le altre cose, un inasprimento delle misure penali. Parallelamente la Guardia di finanza ha potenziato il livello degli accertamenti per tutelare il Made in Italy.
Ma c’è altro che si può fare. Servirebbe agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità.
Occorre favorire l’adozione di soluzioni che consentano la tracciabilità dei prodotti (come Blockchain e Smart labelling).
È importante lavorare anche sull’internazionalizzazione per sostenere le imprese che vogliono conquistare nuovi mercati e rafforzare quelli consolidati. L’obiettivo è portare l’export agroalimentare dagli attuali 61 miliardi a 100 miliardi nel 2030.
Ma prima di tutto, occorre trasmettere con estrema efficacia il valore del “Made in Italy”, organizzando iniziative di educazione del consumatore, anche attraverso gli ambasciatori del “Made in Italy” nel mondo. E contemporaneamente introdurre dei metodi che possano disincentivare coloro che pubblicizzano prodotti in maniera fallace.
Allo scopo di orientare le verifiche anticontraffazione, la Guardia di finanza ha stretto rapporti di collaborazione con associazioni di categoria, distretti industriali e aziende dei comparti che necessitano di un adeguato presidio, per ottenere il rilascio di Soq, cioè segnalazioni operative qualificate. Attraverso questi contatti e unitamente all'azione di intelligence, la Guardia di finanza punta ad aggiornare costantemente una mappatura della filiera della contraffazione e della falsificazione del “Made in Italy”.
Risorse informatiche per contrastare la falsificazione del Made in Italy - Il Comando generale della Guardia di finanza ha elaborato una serie di applicativi informatici nel contrasto alla contraffazione e alla falsificazione del “Made in Italy”. In particolare, c'è la piattaforma Cognos che permette di acquisire le informazioni doganali. La banca dati GeCo, invece, può essere consultata per orientare le attività di servizio. Il Siac (sistema informativo anticontraffazione), che è uno strumento fondamentale nel settore della tutela del “Made in Italy”.