Stando ai dati riportarti dal World Economic Outlook Update pubblicato ieri dal Fondo Monetario Internazionale, nel 2021, l’Italia crescerà più della Germania.
Nello specifico, il prodotto interno loro italiano sarebbe destinato ad assestarsi ad un + 4.9% rispetto ad un +3.6% tedesco.
Numeri che visti cosi fanno sicuramente scattare l’ottimismo e che di certo suffragano quello che sarebbe il risvolto del buon operato del Governo Draghi.
In realtà, le agenzie stampa hanno sacrificato i dettagli del rapporto del Fondo Monetario Internazionale sull’altare di titoli che ben risuonano con i bias collettivi degli italiani.
Già, perché’ ci si dimentica che il marginale di recupero della Germania sulla perdita in unità di PIL sull’anno solare 2020 è quasi la metà di quello italiano. Infatti, mentre l’economia tedesca chiudeva l’anno della pandemia a -4.8%, l’Italia celebrava (si fa per dire) un -8.9 %.
La Francia non seppe fare tanto meglio dell’Italia. Chiuse il 2020 a -8% (quasi un punto in meno del complessivo di perdita dell’Italia) ma per il 2021, stando alle stime del Fondo Monetario Internazionale, saprà rilanciarsi con un +5.8% sulla tabella di marcia (quasi un punto in più del complessivo di recupero sul PIL dell’Italia).
La vera batosta arriva dalla Spagna, che crescerà del 6.2% nonostante nel 2020 abbia sofferto più dell’Italia (-10.8 punti di PIL) a causa delle chiusure provocate dalle politiche di contenimento.
India e paesi asiatici dell’ASEAN sono invece destinati a recuperare le perdite del 2020, ma con gli interessi.
Se è vero che l’India ha registrato un -7.2% nel 2020 è altrettanto vero che le proiezioni vedono la ripresa del Paese assestarsi a fine anno ad un +9.5%. Lo stesso vale per i Paesi dell’ASEAN che nel complessivo hanno registrato perdite per un -3.4 e che, invece, cresceranno nel 2021 del +4.3%.
Lo stesso vale per USA e Canada. I primi chiuderanno con un +7.5% di crescita rispetto ad un -3.5% registrato nel 2020, mentre i secondi sono proiettati verso una ripresa del +6.3% a contrastare il -5.3% di chiusura dell’anno pandemico.
Insomma, se si fanno, i raffronti bisogna anche farli bene.
© Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata