25 maggio 2024

La triste storia della classe media in Italia

Dagli anni esaltanti del “boom” economico a quelli attuali, incerti e sempre più densi di nubi scure: nel corso dei decenni, la “middle class” che mandava avanti i Paesi ha subito un’erosione profonda che ora la espone al rischio di non riuscire a sopravvivere

Autore: Germano Longo
Anche se inizia con il più classico “C’era una volta”, questa non è una storia che finisce con lo scontato “felici e contenti”. Racconta le vicende del ceto medio, la piccola borghesia, quella posizione sociale alla metà esatta nella strada che incrocia destino, fortuna e carriere, e da una parte punta verso l’alto, dove galleggiano i più ricchi, e dall’altra mira in basso, dove i più poveri tirano a campare.

Esattamente in mezzo c’era la classe media, una fetta consistente della popolazione nata dal “boom” economico scoppiato dopo la guerra, quando la vecchia Lira era la moneta più invidiata del mondo e la “middle class”, come la chiamano gli inglesi, in silenzio mandava avanti l’economia riuscendo ad onorare le rate del mutuo, a permettersi ogni anno qualche giorno di vacanza, a mantenere i figli, cambiare la macchina e affrontare le spese impreviste senza andare in crisi.

Per assurdo la classe sociale più dimenticata dalle politiche economiche, quella che non fa mai notizia perché ancora oggi, in perfetto silenzio, continua a rappresentare il 63% del gettito che arriva dalle tasse, ma è sempre più in affanno, come racconta l’indagine elaborata dal Censis per il Cida (Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalità), in cui emerge un dato che dovrebbe fare riflettere molto più di quanto faccia nella realtà: il 60% degli italiani è consapevole di appartenere al ceto medio – contro il corposo 90% di un tempo - ma il 48,8% teme di essere condannato a scendere qualche gradino sociale verso la povertà, mentre il 74,4% ha la certezza che fare qualche passo verso l’alto sarà quasi del tutto impossibile.

Quel che resta è l’amara sensazione di un benessere sempre più eroso dal tempo, destinato a impoverirsi ulteriormente per le generazioni future. Per il 66% degli italiani, i loro genitori vivevano meglio di quanto riesca a loro stessi, e il 76,1% ha la netta sensazione che ai loro figli andrà anche peggio.

“Il ceto medio è il cuore dell'Italia e dal Rapporto Cida-Censis emerge una spinta verso il basso a cui dobbiamo dare una risposta”, ha ammesso Antonio Tajani. Parole riprese da Maria Elena Boschi, “Possiamo fare a meno di tutto tranne che del ceto medio”, e da Antonio Misiani: “Il ceto medio è il pilastro economico e sociale del Paese”, ma su cui Stefano Cuzzilla, presidente del Cida, ha messo il sigillo: “Siamo d'accordo sull’aiuto a chi ha più bisogno, ma non si possono colpire sempre gli stessi. Il blocco della mobilità sociale non ha riguardato solo i redditi più bassi ma anche le fasce di reddito fino a 50.000 euro e oltre, che sono quelle che trascinano consumi e investimenti. Certamente un netto distacco dall’ottimismo e dalle percezioni collettive di opportunità che un tempo erano diffuse. In fondo la parabola del ceto medio è la parabola vissuta dalla maggioranza delle famiglie italiane in più generazioni, passata da alti ritmi di crescita del Pil al suo rallentamento”.

Per l’80% degli italiani, il problema è un fisco che invece di pretendere sempre di più dalla ‘fonte eterna’ della classe media, dovrebbe allenarsi per premiare chi crea lavoro e opportunità, punendo al contrario chi evade lasciando che le ricadute gravino sulle spalle degli altri. E poi cambiare metodo e registro al “sistema Paese”, se è vero che per il 57,9% degli italiani impegno, capacità e preparazione quasi mai sono premiati come dovrebbero, al netto di dirigenti e manager raramente all’altezza dei loro compiti, soprattutto nella Pubblica Amministrazione. Agli italiani sono sufficienti due esempi: la scuola e la sanità. Nel primo caso, il 26,6% ha un’opinione alquanto negativa dei dirigenti scolastici, mentre per la sanità, per il 65% degli interpellati, se questa ancora regge lo si deve solo all’abnegazione di medici e infermieri.

“A me preoccupa soprattutto questa assenza di speranza nel futuro - ha concluso Cuzzilla - se le aspettative calano, se non si crede più di poter migliorare la propria condizione, se si ritiene che le generazioni future staranno peggio di quelle attuali, sarà il Paese intero a pagare un prezzo altissimo. È nostra responsabilità, come manager e come società civile, rispondere a questo cambiamento e intercettarne i bisogni prima che sia troppo tardi. Significa investire per avere un sistema costruito sulla triade più alto benessere economico – più alti consumi – aspettative crescenti. Solo valorizzando l’impegno nel lavoro, il talento, le conoscenze e le competenze, è possibile riattivare i meccanismi di crescita.”

Per quanto sia di magra consolazione, il “downsizing” del ceto medio non è un problema solo italiano, ma riguarda quasi tutte le economie più avanzate, dall’Europa agli Stati Uniti, ma da queste parti si è fatto sentire con particolare intensità: dal 2001 al 2021 il reddito pro-capite delle famiglie italiane è calato del 7,7%, mentre la media UE saliva di quasi 10 punti, con l’invidiabile picco di quelle tedesche a +7,3% e di quelle francesi a +9,9%.
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