6 agosto 2024

Per gli italiani, il tempo libero non si tocca

Secondo una ricerca che ha analizzato valori, aspettative e desideri, l’incontro fra generazioni diverse sul luogo di lavoro è un vantaggio. Ma imprescindibile per tutti è salvaguardare la propria vita privata

Autore: Germano Longo
Perfino Aristotele, il filosofo greco antico considerato uno dei padri dell’evoluzione del pensiero occidentale, non aveva dubbi: “Lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero”.

Qualche migliaio di anni dopo, al netto di un’evoluzione tecnologica e sociale imponente, sulla questione è cambiato ben poco: va bene il lavoro, insieme alla sicurezza economica e tutto il resto, ma per favore nessuno tocchi il tempo libero.

Sono i risultati, raccontati in una chiave di lettura un po’ diversa, del “Rapporto tra generazioni nel mondo del lavoro”, una ricerca realizzata da “AstraRicerche” per “Heineken Italia” su un campione definito “transgenerazionale” di oltre un migliaio di lavoratori italiani, con l’idea di analizzare le relazioni sul posto di lavoro delle diverse generazioni: dai Baby Boomer degli anni ’60 alla GenZ, i nati nel primo decennio del nuovo Millennio.

La curiosa idea di partenza era appunto quella di saggiare il mondo del lavoro, dove spesso si trovano ad agire gomito a gomito rappresentanti di generazioni con idee, obiettivi, valori, esigenze e aspirazioni molto diverse fra loro. Peculiarità che non sempre si traducono nell’incapacità di comunicare o di parlare lo stesso linguaggio, ma che anzi, secondo la ricerca spesso finiscono per diventare portatori sani di visioni diverse, necessarie e perfino salutari all’interno di un team.

Un punto in particolare, sembra mettere tutti d’accordo: il tempo libero a cui si accennava qualche riga fa. Il bisogno di dare un senso compiuto alla vita al di fuori del posto di lavoro è fondamentale per il 51,5% degli intervistati, seguito dalla possibilità di una crescita professionale attraverso lo sviluppo di nuove competenze attraverso l’offerta formativa (40,7%). A conquistare la terza piazza del podio è invece la flessibilità nei tempi e nei luoghi di lavoro, sentita come necessaria dal 40,5% degli interpellati.

Scendendo nel dettaglio, il tempo libero è vissuto una componente così fondamentale, necessaria e vitale da spingere il 20% della GenZ e il 21% dei Millennial ad essere pronti a stipendi più bassi pur di salvaguardare la sfera privata. Ma il 22% della GenZ aggiunge di avvertire la necessità impellente di sostituire le ore lavorative con percorsi di formazione che permettano di sviluppare nuove competenze per ambire ad una carriera migliore.

Per l’86% degli intervistati, sottolinea ancora la ricerca, a rivestire la massima importanza è l’attenzione rivolta al lavoratore, da considerare sempre e comunque prima come persona che un semplice numero di matricola. L’ambizione è quella di lavorare circondati da un clima aziendale sereno che favorisca lo scambio fra dipendenti, considerato una grande opportunità. Nel 68% dei casi, il rapporto proficuo e intenso tra persone di età diversa non è visto come uno scoglio, ma piuttosto come un grande vantaggio per tutti. Per il 40%, le relazioni professionali costruttive contribuiscono a creare momenti di socialità, di networking e soprattutto a “fare squadra”. Non basta ancora, perché ad essere avvantaggiato è anche il consolidamento delle competenze grazie alla combinazione di saggezza ed esperienze da una parte, e studi e metodologie più aggiornate dall’altra (38,5%).

Volendo tradurre tutto in una classifica, le generazioni preferite con cui lavorare sono la GenX (69,5%) e la GenY/Millennials (63%) sia per la condivisione dei valori che degli ideali (41%), sia per un’attitudine a rapportarsi al meglio con i colleghi (31%). Per finire con un dato che farà piacere a chi è cresciuto con l’obiettivo del posto fisso: il 43% fra GenX e Baby Boomer è convinto sia di fondamentale importanza nella costruzione di un’esistenza. Meglio ancora se all’interno di un’azienda dalle tradizioni salde (34%), di grandi dimensioni (37%), e non guasta se proiettata su mercati internazionali (35,5%).
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