Torino deve molto alla Fiat, e viceversa. Un rapporto di odio e amore profondo iniziato nel 1899, che ha avuto nell’Avvocato il prototipo dell’uomo d’affari sabaudo: elegante, distaccato, deciso, ma torinese nell’anima. Un uomo d’altri tempi legato alla sua città e all’azienda ricevuta dal nonno, che ha saputo trasformare nella più grande realtà industriale italiana, regalando alla sua città il titolo di “capitale italiana dell’auto”.
Roba d’altri tempi, malinconie diluite nei decenni che hanno allargato sempre più il solco fra la città della Mole e la Fiat, l’azienda a cui i torinesi davano del tu. Già all’inizio del nuovo Millennio, ricordava l’allora sindaco Sergio Chiamparino, il Comune di Torino aveva più dipendenti di quelli Fiat presenti in città. Un’erosione lenta e inesorabile architetta da manager sempre più giovani e spietati che ora apre un altro capitolo nella storia fra Torino e la Fiat, probabilmente l’ultimo.
Slittata prima nel colosso “FCA” e dopo nella holding “Stellantis”, di fatto – secondo qualcuno – una vendita dissimulata ai francesi di Peugeot, quel che resta della Fiat ha messo in vendita gli ultimi simboli. Prima fra tutti, la sontuosa palazzina liberty di via Nizza 250: costruita nel 1926, nei 20mila metri quadri ospitava gli uffici direzionali, compresi quelli dell’Avvocato e di Marchionne, e una mensa. È l’ultimo regalo della famiglia Agnelli-Elkann alla città: un parco pubblico sospeso, come l’High-Line Park di New York, costruito fra la “bolla” e la parabolica, la coreografica pista prove sul tetto che si dice facesse schiumare di rabbia Henry Ford, dall’altra parte dell’oceano. Lavori concertati seguendo i vincoli della Soprintendenza ai beni architettonici in quanto tutto fa parte dell’ex stabilimento del “Lingotto”, oggi centro commerciale e polo fieristico torinese.
Secondo il “Corriere della Sera”, dalla morte di Marchionne in poi la palazzina di via Nizza aveva iniziato lo svuotamento, spostando altrove settori che un tempo si era deciso di accentrare come l’ufficio stampa, i servizi finanziari e le relazioni industriali.
Lo stesso John Elkann, da tempo aveva scelto di lasciare la palazzina voluta dal bisnonno per trasferire i propri uffici a due passi dal parco del Valentino, alla “Fondazione Agnelli” di via Giacosa, un tempo residenza del senatore che ogni ospita il più esclusivo spazio “coworking” della città.
Restano, come monumenti ai caduti, gli stabilimenti di “Mirafiori”, una città nella città, e quello “Maserati” di Grugliasco, alle porte di Torino, con il destino già segnato.
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