3 luglio 2024

Vamos a la playa, pardon, al lavoro

La parola d’ordine dell’estate 2024 è sempre più Worktation, la possibilità di viaggiare senza smettere di lavorare. Un trend che l’industria della vacanza ha fiutato da tempo creando proposte su misura

Autore: Germano Longo
Per cominciare, bisogna familiarizzare con un neologismo non ancora così diffuso: “Workation”. Niente paura: si tratta del tamponamento lessicale fra “work” (lavoro) e “vacation” (vacanza), e tradotto al cambio attuale sarebbe un modo esotico per definire una vacanza senza smettere di lavorare. Quello che fino a pochi anni fa era un ossimoro (chi è in vacanza non lavora e viceversa), è diventato una conquista e una maledizione donata dallo smart working, uno degli ultimi lasciti della pandemia (che tutte le abitudini si è portata via).

Un trend che secondo una ricerca di Ipsos-Europe-Assistance sarebbe esploso letteralmente nel 2021, quando un italiano su 4 si dichiarava pronto ad un soggiorno in una meta vacanziera pur sapendo di dover lavorare da remoto. Scendendo nel dettaglio, il 34% prediligeva la sistemazione in appartamento di amici/familiari/conoscenti, il 27% ne cercava uno in affitto e solo il 19% preferiva l’hotel.

Ma la vacanza ibrida, che mette insieme qualche ora di spiaggia e le “call” con l’ufficio, continua ad essere uno dei trend per l’estate che è ormai arrivata, anche se non dappertutto il cielo ha permesso di rendersene conto. Al netto del fuso orario per chi preferisce le mete lontane, l’unico limite è rappresentato dal porter disporre di una connessione internet efficace, condizione quantomeno necessaria per evitare tracolli nervosi in posti dove non è saggio scoprire sulla pelle come vengono curati.

Sui benefici del Workation c’è poco da aggiungere se non ribadire quelli soliti, ormai confermati da centinaia fra esperti, ricerche e sondaggi: maggior produttività, aumento della creatività e della motivazione, alta fidelizzazione aziendale e miglior gestione dello stress. Ma dall’altro, qualche svantaggio spunta per forza: primo fra tutti dover comunque lavorare senza riuscire a “staccare” davvero la spina, secondo, essere costretti a passare buona parte della giornata davanti allo schermo di un computer.

Ma il trend dilaga imperterrito e fiutando la tendenza sono molti i singoli resort e più in generale i luoghi di villeggiatura che si sono attrezzati per accogliere i nomadi digitali in vacanza, anzi, al lavoro, adattando camere con scrivanie e studiando pacchetti che vanno dai servizi di baby sitting alle attività sportivo-ricreative per i figli più grandicelli.

E diverse sono anche le piattaforme dedicate alle case vacanza che hanno analizzato e recensito centinaia di località stilando classifiche utili a chi deve scegliere. Secondo il “Workation Index” di “Holidu”, ad esempio, messo insieme valutando clima, costo medio della vita, qualità della connessione Wi-fi, disponibilità di spazi co-working e costo del viaggio, a svettare sarebbe Bangkok, la capitale della Thailandia, seguita a ruota da Nuova Delhi, in India, e Lisbona, Portogallo. La prima città italiana è Milano al 18esimo posto, Firenze al 25 e Napoli al 30.

Lo stesso ha fatto “Preply”, piattaforma di apprendimento, che ha messo a confronto 75 città diverse dei Paesi Ocse arrivando alla conclusione che Brisbane in Australia, è la meta migliore, seguita da Nicosia (Cipro) e confermando sul podio Lisbona. Roma, prima italiana, si ferma alla posizione numero 43, Milano alla 50.

Fatta la scelta, gli esperti in nomadismo digitale raccomandano un passaggio fondamentale: informarsi sulle leggi fiscali locali e la necessità o meno di richiedere un visto di lavoro temporaneo.

A volte, può essere necessario richiedere un codice fiscale locale, mentre altre destinazioni limitano la possibilità di soggiorno di lavoro solo ad alcune professioni. Punto numero due: una copertura assicurativa adeguata che metta al riparo dalla salute in poi, ma che tuteli anche il lavoratore da eventuali interruzioni di lavoro indipendenti dalla propria volontà, come ad esempio per il furto o lo smarrimento del portatile.

Lo scorso aprile, forte della grande attrazione esercitata dalle bellezze nostrane sul mondo intero, l’Italia ha ufficialmente aperto le porte ai nomadi digitali creando un visto che stabilisce ingresso e soggiorno per i cittadini extraUE che svolgono lavoro da remoto.
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