È legittima la revoca delle agevolazioni fiscali “prima casa” quando l’immobile, considerando la superficie di veranda e lavatoio, supera i 240 mq. Si ricava dall’
ordinanza n. 4592/18 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.
Gli Ermellini hanno accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, nell’ambito di un giudizio riguardante un avviso di liquidazione in materia di Registro notificato sia al venditore che all’acquirente di un immobile rispetto al quale sono state concesse le agevolazioni fiscali “prima casa”, ma che successivamente è risultato essere “di lusso”.
La CTR di Roma, a conferma della decisione di primo grado, ha dichiarato illegittimo il recupero a tassazione, ritenendo che la superficie dell’abitazione – costituita da un appartamento su due livelli (6° e 7° piano) -,
al netto delle murature del sesto piano e della veranda e degli accessori del settimo piano, aveva complessivamente una superficie inferiore a mq 240, e quindi non poteva qualificarsi “di lusso”.
Ebbene, a giudizio degli Ermellini, la CTR capitolina ha
sbagliato ad assimilare la veranda alla terrazza, che è espressamente esclusa dal calcolo della superficie utile ex D.M. 2 agosto 1969.
In particolare, la CTR ha
«erroneamente» ritenuto non computabile la superficie dei locali al settimo piano,
«qualificati come terrazza (ma accatastati come veranda e lavatoio) e l'ampliamento risultante dal catasto, omettendo di valutare il diverso parametro dell'utilizzabilità».
Inoltre
«Nella specie» - scrivono sempre gli Ermellini -
«la CTR non ha valutato la situazione esistente, in punto di effettiva destinazione dei vani in contestazione al momento dell’acquisto, unica determinate ai fini dell’agevolazione fiscale».
Secondo i Massimi Giudici, la Commissione di appello ha assunto una decisione che si pone in contrasto con la nozione di superficie utile complessiva fornita dal D.M. Lavori Pubblici del 1969. A tal proposito, nella giurisprudenza di legittimità, si è sostenuto che il requisito della “utilizzabilità” degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituisce parametro idoneo a esprimere il carattere “lussuoso” di un’abitazione (cfr., fra le altre, Cass. n. 25673/2013), assumendo rilievo – in coerenza con l’apprezzamento dello stesso mercato immobiliare – la marcata “potenzialità abitativa” (cfr. Cass. 10807/2012 e di recente Cass. n. 9529/2015, la quale ha statuito che, al fine di stabilire il carattere di lusso dell’immobile, anche l’ambiente strettamente adibito a cantina, oppure a soffitta, costituisce comunque elemento da comprendere nel calcolo della superficie complessiva, da considerare come facente parte di “casa di lusso”, allorquando, in concreto, cantina e soffitta siano strutturate in modo tale da essere abitabili). Peraltro si è sostenuto che, a fronte dell’irrilevanza del mero dato catastale, grava sul contribuente l’onere di provare, tramite idonea documentazione tecnica, che i vani in questione non sono utilizzabili a scopo abitativo (cfr. Cass. n. 21553/2011).
Nel caso di specie, in conclusione, la CTR capitolina, in sede di rinvio, dovrà verificare in concreto se i locali abbiano o no una propria effettiva utilizzabilità, posto che:
- il calcolo della superficie utile di un immobile, al fine di stabilire se esso debba essere considerato “di lusso” ai sensi del D.M. 2 agosto 1969, va compiuto a prescindere dalla circostanza che parte degli ambienti non sia conforme alle prescrizioni urbanistiche sotto il profilo della abitabilità, in quanto quel che unicamente rileva ai fini del computo della superficie utile è l’idoneità degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana.