26 ottobre 2018

Contabilità parallela. L’agenda dell’imprenditore prova il reato

Se non emergono indizi di reato nel corso della verifica fiscale, non è prevista l’assistenza dell’avvocato

Autore: Paola Mauro
L’agenda che riporta i dati contabili effettivi dell’impresa, acquisita dalla Guardia di Finanza durante la verifica fiscale, ha valore di prova nel processo penale, senza che rilevi il mancato avviso all’imprenditore della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, salvo l’ipotesi dell’emersione d’indizi di reità.

È quanto emerge dalla Sentenza n. 47104/2018 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione.

Il titolare di una ditta individuale esercente attività di commercio di alimenti e bevande per mezzo di distributori automatici è stato condannato, dalla Corte d’Appello di Venezia, alla pena di un anno e otto mesi di reclusione per il reato di dichiarazione infedele ex art. 4 D.lgs. n. 74/00.

All’imputato è stato contestato di aver indicato, nella dichiarazione IRPEF dell'anno d’imposta 2008, elementi attivi inferiori a quelli accertati dalla competente Agenzia delle Entrate sulla base delle agende personali acquisite dalla Guardia di Finanza nel corso della verifica fiscale.

La Difesa ha evidenziato che lo stesso imputato aveva riferito alle Fiamme Gialle che i corrispettivi annotati nelle agende rappresentavano la contabilità effettiva, ma che gli appunti non potevano essere né acquisiti, né utilizzati dal perito nominato ai fini della ricostruzione della contabilità dell'impresa, essendo mancata l’assistenza del difensore.
  • Ebbene, per la Suprema Corte, il ricorso non è fondato perché il ricorrente non fa menzione dell'emersione di indizi di reità a suo carico nel corso della verifica fiscale.

Invero, come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il pvc redatto dal personale dell’Amministrazione finanziaria, per la sua natura di atto amministrativo extraprocessuale di specie ricognitiva, non presuppone l'obbligo di avvisare il soggetto sottoposto a verifica fiscale della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia (Sez. 3 pen., n. 7930/2015 e n. 6881/2008).

Si è tuttavia precisato che, nel momento in cui emergono indizi di reato e non meri sospetti, occorre, però, procedere secondo le modalità prescritte dall'art. 220 disp. att. c.p.p., con la conseguenza che la parte di documento, compilata prima dell'insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito.
  • L'art. 220 disp. att. c.p.p. stabilisce che, quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice di procedura penale.

Gli Ermellini hanno spiegato che nell'ambito di un'attività ispettiva fiscale - come quella che ha preceduto la contestazione oggetto del procedimento in esame - il soggetto sottoposto a verifica non riveste la posizione di persona sottoposta a indagini e, inoltre, detta attività non rientra tra quelle indicate dall'art. 356 c.p.p. , che l'art. 114 disp. att. c.p.p. espressamente richiama, per cui l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal contribuente deriva solo dalla sussistenza di indizi di reato emersi nei suoi confronti nel corso delle verifica fiscale: «solo in tal caso è richiesta l’osservanza delle disposizioni del codice di rito, ma unicamente per il compimento degli atti necessari all'assicurazione delle fonti di prova ed alla raccolta di quanto altro necessario per l'applicazione della legge penale» (cfr. Sez. 3 pen., n. 7930/2015).

Di questi principi, secondo i Massimi giudici, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione.
Di conseguenza il ricorso è stato dichiarato inammissibile e l’imputato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di 2.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.

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1Art. 356 (Assistenza del difensore)
«Il difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini ha facoltà di assistere, senza diritto di essere preventivamente avvisato, agli atti previsti dagli articoli 352 e 354 oltre che all'immediata apertura del plico autorizzata dal pubblico ministero a norma dell'articolo 353 comma 2».

2Art. 114 disp. att. c.p.p. (Avvertimento del diritto all'assistenza del difensore)
«Nel procedere al compimento degli atti indicati nell'articolo 356 del codice, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia».
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