11 settembre 2011

Colui che sa, non parla; colui che parla non sa

a cura di Antonio Gigliotti

Cari amici e colleghi che estate tormentata abbiamo passato per via di questa manovra di ferragosto che sembra oramai giunta al capolinea, ricevendo molto probabilmente anche alla Camera il voto di fiducia in settimana.
Sui giornali abbiamo letto dettagli annunciati e poi modificati, proposte nuove all’ordine del giorno. In un via vai di misure, il dibattito politico non si è fermato con l’effetto di produrre confusione sul risultato finale.
Ma vediamo, alcuni dei tagli annunciati e poi cancellati:

Indennità: si annunciava il taglio del 50% dell’indennità ai parlamentari con un altro lavoro, ed invece tale misura è stata sostituita con il raddoppio del prelievo di solidarietà, ed inoltre mentre prima il suddetto prelievo non aveva scadenza, l’ultima versione dice esplicitamente che dura tre anni.

Taglio parlamentari: il disegno di legge costituzionale annunciato il 22 luglio, che stabiliva anche il taglio del numero dei deputati e senatori, non ha mai visto la luce.

Taglio province: L’abolizione delle province era stata prevista nella seconda versione della manovra per quelle con meno di 300 mila abitanti. La norma è stata stralciata per finire in un disegno di legge costituzionale.

Incarichi e vitalizi: In una delle bozze della manovra si diceva che dopo la scadenza dell’incarico nessun titolare di incarichi pubblici potesse continuare a fruire di pensioni e vitalizi. Indicazione poi scomparsa.

Donazioni: pensate un po’ è ancora in essere una legge sulle donazioni, che si erano impegnati ad abolire, la quale riconosce a chi regale 100.000 euro alla ricerca sul cancro o ai lebbrosi uno sconto fiscale di 392 euro mentre chi regala gli stessi soldi a un partito politico riceve uno sconto 50 volte più alto.
Dietro tante proposte che non hanno visto applicazione concreta, ritroviamo nella manovra una norma che prevede addirittura il carcere nell’ipotesi di evasione superiore a tre milioni di euro e superiore al 30% del fatturato.

Norma sicuramente di effetto e di ampio valore a livello di comunicazione, ma sulla quale ho tanti dubbi.

Dopo aver tentato, anni or sono, di coprire spese certe con entrate incerte, adesso si ritorna a tale strategia, alquanto pericolosa, infatti si utilizzerebbero addirittura le entrate da “lotta all’evasione” per coprire “spese certe”. Il tutto con interventi estemporanei e pasticciati, sempre per comunicare qualcosa in conferenza stampa, con buona pace di chi si illude che “il legislatore” esprima per definizione una razionalità quasi sovrumana, come un moderno sostituto di Dio.

Invece “il legislatore” rappresentato dagli attuali politici (a prescindere dal colore politico) esprime il disorientamento totale con mancanza di fiducia da parte dei lavoratori (anche autonomi), consumatori, risparmiatori e della gente comune.
In genere la ricchezza nascosta dai “grandi evasori” non viene scovata dai controlli fiscali che si indirizzano solo al regime giuridico di quello che è stato registrato, non a quello che è stato nascosto, che viene fuori solo per caso. Ma ipotizziamo che, indagando su episodi di corruzione, liti societarie e altro, venga fuori ricchezza nascosta per oltre tre milioni (e più del 30% del fatturato), magari da una struttura che dà lavoro a mille dipendenti. Un Paese normale cosa dovrebbe fare, prende i tre milioni, o magari anche il doppio (tra imposte sanzioni e interessi), ma non ci pensa neanche per un attimo a mettere in crisi l’azienda. In altri Paesi, dai quali forse dovremmo attingere, come gli Stati Uniti o la Germania, non interessa sbattere in galera chi organizza la produzione, dà lavoro regolare a centinaia di persone, produce beni utili alla collettività, ma il carcere scatta solo quando all’evasione si aggiunge l’ostruzionismo ai controlli, le risposte menzognere, i documenti distrutti o alterati nel corso delle indagini. Fra l’altro occorre, oltre che avere evaso, anche giocare sporco verso il fisco durante i controlli, ma anche in questi casi per chi si pente e collabora le porte del carcere non si aprono, perché dopotutto non si tratta di rapinatori o spacciatori di droga.

E noi invece cosa facciamo, manette al titolare, così l’azienda magari poi chiude, licenzia cinquanta o cento persone, le quali dopo cercheranno di sopravvivere inventandosi attività “autonome”, magari muratori o giardinieri (in nero) da cui il fisco non vedrà un centesimo.
In tal modo avremo distrutto l’impresa, il lavoro e il gettito fiscale in un colpo solo. La manovra economica, in un periodo di crisi come questo, dovrebbe incidere meglio e ancora di più nel tessuto della nostra società. Guardando certo all’obiettivo del pareggio di bilancio, se vogliamo, del “fare cassa” ma senza tralasciare mai l’obiettivo della crescita. Obiettivo imprescindibile per un’economia che supera i confini nazionali.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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