31 maggio 2013
31 maggio 2013

Commercialisti: lezioni da nessuno!

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici e colleghi, proprio in questi giorni, sui vari quotidiani che ci offre il panorama dell’informazione italiana, si legge a caratteri cubitali della richiesta di condanna a due anni e sei mesi per gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana avanzata dal pm di Milano Gaetano Ruta per una presunta evasione fiscale da circa un miliardo di euro. Agli stilisti erano stati contestati due reati, dai quali quello di dichiarazione infedele è caduto in prescrizione, tant’è che al giudice è stato altresì chiesto di dichiarare l'estinzione per intervenuta prescrizione dello stesso. Questa è la sintesi dei fatti così come si sono verificati, con l’aggiunta che Gabriella Vanadia, il legale dell'Agenzia delle Entrate (parte civile nel processo), ha chiesto a sua volta dieci milioni di euro di provvisionale per danno all'immagine da versare in solido.

Ora, dopo aver ricostruito in breve la vicenda, che appare un chiaro episodio di giustizia tributaria che, contrariamente al solito, ha coinvolto gente meno sprovveduta e con maggiori coperture rispetto ai comuni contribuenti, vorrei passare all’aspetto che mi ha particolarmente sbalordito, facendomi schizzare il sangue al cervello tanta è stata la rabbia che mi ha provocato. Ebbene, sono solito leggere ogni mattina un gremito numero di quotidiani, al fine di avere davanti a me uno scenario quanto più ampio possibile, sia per quel che concerne le opinioni sia in riferimento alle notizie nude e crude. E proprio in queste mie letture mattutine mi sono imbattuto in un vergognoso e inaccettabile articolo a firma di Alfredo Faieta, pubblicato sul ‘Il Fatto Quotidiano’. In quel pezzo il ‘giornalista’ tratteggiava la vicenda giudiziaria che ha interessato i due stilisti denigrando, al contempo, in maniera assolutamente gratuita e ingiustificata la figura del “commercialista”, nonché di coloro che “di mestiere studiano le operazioni di maquillage tributario”.

Lasciatemi dire che si è trattato di un esempio di pura ignoranza e mera disinformazione. Noi commercialisti non studiamo ‘maquillage tributario’, come invece pare essere convinto l’autore dell’articolo in questione. Il nostro compito o dovere o vocazione, chiamatelo come volete, è quello di interpretare le norme fiscali e applicarle. Una funzione non facile, soprattutto all’interno del sistema fiscale italiano che è una vera e propria giungla legislativa, dove spesso le norme sono scritte in una lingua neanche lontanamente somigliante alla nostra! Noi dottori commercialisti ed esperti contabili viviamo col calendario in mano e l’orologio sulla testa, come una spada di Damocle, perché nella maggior parte dei casi gli adempimenti e le scadenze sono gli uni a ridosso delle altre e, malgrado ciò, non abbiamo neanche gli strumenti necessari né i chiarimenti operativi su come procedere. Non abbiamo il tempo, noi della ‘base’, per dedicarci al ‘maquillage tributario’. Il tempo che abbiamo dobbiamo impiegarlo per prepararci a norme che, nel momento stesso in cui ci accingiamo ad applicarle, vengono modificate o soppresse. Questo è il nostro spazio operativo. Stretto e pieno di ostacoli.

È quindi grave, per nulla serio e scorretto gettare discredito su una categoria che è rappresentata da professionisti preparati che non lavorano per frodare il Fisco, bensì per aiutare il contribuente ad essere in regola con le incombenze tributarie.

Non possiamo di certo negare che vi siano delle pecore nere, che agiscono in maniera irregolare e spesso minano la credibilità dell’intera categoria. Ma sono quei singoli soggetti che vanno perseguiti sia mediaticamente che dal punto di vista giudiziario, non invece un’intera schiera di operatori fiscali seri e altamente qualificati. Le generalizzazioni mortificano, indignano e creano sconcerto sia tra noi professionisti che tra i contribuenti. Vorrei ricordare infatti che esempi di cattiva professionalità si sono verificati anche nel mondo del giornalismo e addirittura all’interno dell’Amministrazione Finanziaria che dovrebbe essere invece lo specchio della legalità e della correttezza.

L’atteggiamento che traspare da quell’articolo è intriso di faziosità e malizia, tant’è che se avessimo una governance (ahimè!) ci sarebbero gli estremi per promuovere un’azione nei confronti di tale giornalista che, pur di riempire una pagina, ha tentato di scalfire l’immagine di un’intera categoria. Sempre la stessa storia, direte! Ebbene, sì! Sempre la stessa storia. Perché è questa la nostra debolezza. Siamo scoperti, fermi, incapaci di reagire in maniera compatta neanche davanti alle offese gratuite di certa stampa. Sono convinto che questa possa essere un’ulteriore occasione per fare uno sforzo e magari ritrovare quel buon senso che sembra essersi perso. Mi permetto di dire che tutti siamo responsabili dello stallo in cui ci troviamo, con evidentemente pendenze maggiori da parte di alcuni.

Essere uomo è precisamente essere responsabile”, scriveva Antoine de Saint-Exupéry. Potremmo parafrasare lo scrittore francese, trasportando il suo pensiero nella nostra categoria e precisando a quanti ci attaccano che ‘essere commercialista è precisamente essere responsabile’, ma di una responsabilità dalla quale dipendono il benessere non solo di sé stessi, quanto anche quello dei propri assistiti. E la responsabilità non va mai a braccetto con l’illegalità.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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