11 ottobre 2011

CONDONO: sono d’accordo

A cura di Antonio Gigliotti

Non sono ipocrita al contrario di chi lo boccia e poi aderisce

Oramai la storia del condono ha le sembianze della dama di Siviglia: tutti la vogliono, ma nessuno la piglia. E ciò che nessuno vuole prendere sulle proprie spalle è la responsabilità della decisione.

In questi giorni infatti, sempre più trapela la possibilità di un condono fiscale e come sempre si sono formati due opposti schieramenti: da un lato, tra cui ritroviamo lo stesso nostro presidente Siciliotti si schierano coloro che sono contrari, adducendo a sostegno della propria tesi, la circostanza che simili iniziative minano la credibilità ed il rapporto di fiducia tra fisco e contribuenti e nello stesso tempo premia ancora una volta i soliti “furbetti”. Dall’altro invece si schierano coloro che giustificano il provvedimento, considerato il momento particolare ma solo se accompagnato da una forte lotta all’evasione.

Intanto ritengo di dover sottolineare che stiamo parlando di un provvedimento che potrebbe rendere 50 miliardi di euro al pari di una manovra straordinaria in grado di favorire la crescita, quindi da non sottovalutare, considerato il momento particolare e difficile in cui ci troviamo.
In realtà le obiezioni che vengono sollevate al condono, si possono sintetizzare in tre sostanzialmente.

La prima di esse afferma che nell’ambito dell’Europa del Nord (quella a cui dobbiamo rendere conto) non vengono praticati simili provvedimenti, e pertanto non ci faremmo una bella figura.

La seconda obiezione è di natura economica, ma poi tocca la ragioneria e pertanto si presta a far particolare impressione sulle menti semplici. Viene infatti affermato che si tratta di una entrata straordinaria, pertanto non è accettabile se si vuole mettere ordine strutturale nei conti pubblici.

La terza obiezione è che il condono è un perdono che crea, come precedente, lo stimolo a evadere ancora.

Inizio ad analizzare la prima obiezione, quella per cui l’Europa del Nord, quella che più conta, non pratica i condoni e non apprezzerebbe questa misura. In merito a questa prima osservazione, occorre rilevare come di recente sia la Germania di Angela Merkel, sia la Gran Bre¬tagna del premier conservatore David Cameron hanno fatto un accordo con la Svizzera per sanare le posizioni dei contribuenti che tengono in modo illegale i capitali nelle banche elvetiche. L’accordo ha fruttato ai due governi nordici sia una somma una tantum, di svariati miliardi di euro (e, rispettiva¬mente, di sterline) che hanno fatto comodo ai loro bilanci, sia una somma che affluirà ogni anno alle loro casse, perché le banche svizzere si sono impegnate a riscuotere una cedolare secca sui proventi di questi capitali, mantenendo il segreto sui nomi, ma collaborando a rendere effettive le riscossioni sugli interessati. Dunque, come potete notare, anche nei Paesi nordici si praticano i condoni, chiamandoli magari in modo diverso.

La seconda obiezione che viene mossa, è che, appunto, i Paesi nordici hanno fatto un condono che dà un introito una tantum, ma anche una entrata permanente. Dunque si tratta di una misura straordinaria che serve al bilancio ordinario. Se il gettito del condono è impiegato per ridurre il debito pubblico, contribuendo a un fondo di bilancio per il riscatto di tale debito assieme ad alienazioni di beni pubblici, esso è una entrata straordinaria. Entrata che genera un beneficio ordinario al bilancio sia tramite la minor spesa per interessi, che deriva dal minor debito, sia dalla riduzione dei tassi sul nuovo debito pubblico, visto che il rapporto fra domanda e offerta è più equilibrato. Analogamente, se il gettito è destinato a misure straordinarie pro crescita, ne deriva un beneficio finanziario ordinario, connesso al fatto che un Pil maggiore crea più occupazione e più mezzi per garantire il debito pubblico.

Ed ecco la terza obiezione, quella nella quale si ritrovano esperti e non di economia, e cioè, che il perdono dei peccati induce a farne altri confidando in una successiva clemenza. Ciò è certamente vero, e forse lo è stato nelle passate edizioni dei vari condoni, ma oggi assolutamente no. Premesso come ho già detto, che siamo in una situazione di straordinaria importanza, determinata da una crisi finanziaria a livello mondiale, l’attuale condono verrebbe altresì introdotto in un momento in cui si sta facendo veramente tanto per la lotta all’evasione e quindi sarebbe accompagnato da una serie di misure dissuasive.

Infatti non dimentichiamo quanto già introdotto dalle recenti manovre , dove si stabilisce, ad esempio, che d’ora in poi si userà il redditometro di massa per verificare, tramite gli indici di tenore di vita lussuosi, la congruenza di questi con i redditi dichiarati e che, in caso di discrepanza, ciò comporterà sanzioni pecuniarie. L’uso massiccio dei dati bancari dei contribuenti, e le altre disposizioni antielusive, certamente assicurano che il condono non crea un precedente per altre evasioni, ma serve invece per agevolare regolarizzazioni.

Tra gli avversari del condono serpeggia invece l’idea di una imposta patrimoniale straordinaria od ordinaria per colpire i ceti medi: tali soggetti amano quei provvedimenti giustizialisti che consentono di pescare ogni tanto un imprenditore e metterlo alla gogna mediatica e in galera per evasione fiscale, come è accaduto di recente. Il tutto coronato da una grande ipocrisia, e cioè come insegnano le edizioni precedenti dove i maggiori oppositori si sono poi avvalsi del condono.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy