17 dicembre 2013

IMU: IL FALLIMENTO DI UN SISTEMA

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici e colleghi,

i quotidiani di ieri mettevano in luce un dato a dir poco allarmante sul quale, a esser franco, più volte mi sono soffermato, ma che in questi giorni ha ottenuto la prova certa: l’apparato statale è fallito. Ebbene, mi potrete dire che ho fatto la scoperta dell’acqua calda, tuttavia finora ho sempre sperato in un ultimo giro di boa che non è mai arrivato. E a quanto pare non arriverà di certo se la situazione non si capovolge.

Sono giunto a una simile conclusione prendendo in esame diversi aspetti della vita all’interno del ‘sistema Italia’, aspetti che riguardano il settore economico, quello sociale e quello politico.

Per quel che concerne l’ambito privato, vediamo che dipendenti, dirigenti e amministratori vengono retribuiti in maniera proporzionale ai risultati ottenuti. Anzi, non sono pochi i casi in cui, a fronte di scarsi o nulli risultati, il lavoro si è addirittura perso. Del resto in un'economia in cui vige una domanda e un’offerta, se quest'ultima è scarsa o inefficiente, l’azienda perde le richieste e si avvia verso il fallimento. Ciò implica necessari provvedimenti o rimedi del datore di lavoro finalizzati a correggere quelle distorsioni.

Ora, proviamo a spostare un siffatto ragionamento sulle dinamiche che caratterizzano l’apparato statale. Purtroppo è chiaro che in questo caso non esistano regole simili, in quanto se ci fossero non saremmo costretti ad assistere a questo repentino crollo dell’intero sistema.

Per quel che mi riguarda, ho maggior dimestichezza con il sistema fiscale, dunque mi concentrerò su quest’ultimo cercando di mettere in luce gli aspetti che mi spingono a recriminare un vero e proprio fallimento del circuito.

Dunque, in merito ai diversi e sempre nuovi adempimenti fiscali, vediamo che la continua concessione di proroghe è un’evidente testimonianza di questo fallimento di cui parlo. Se il sistema fiscale italiano fosse un congegno ben oleato, tutto filerebbe liscio e non si presenterebbe la necessità di chiedere o concedere proroghe per effettuare gli adempimenti. Purtroppo però i fatti di queste ultime settimane (e non solo) hanno dimostrato che così non è. Prediamo ad esempio, ancora una volta, il caos Imu, imposta per la quale lo scorso 16 dicembre è scattata la deadline per il versamento del saldo 2013. A questo punto, però, è intervenuto un emendamento alla legge di stabilità, secondo il quale chi ha puntualmente pagato entro il 16, ma magari poi scopre di aver sbagliato aliquota, avrà tempo sino al 16 giugno 2014, data di versamento dell'acconto IMU del 2014 (ma non era stata cancellata?), senza dover pagare interessi e sanzioni.

Ecco, dovremmo essere contenti per il fatto che avremo più tempo per correggere gli errori, che sicuramente verranno fuori in quanto lo scenario nel quale abbiamo lavorato non è stato dei più sereni. Tuttavia non sono per nulla soddisfatto. Non abbiamo sanzioni né vi saranno interessi da applicare sui prossimi eventuali versamenti, però rendiamoci conto che a sbagliare è stata l’Amministrazione Finanziaria e se noi abbiamo commesso qualche imprecisione la responsabilità non ci potrà essere certamente addebitata. Abbiamo operato in un clima caotico privo di regole certe. Inoltre una simile disposizione testimonia ancora una volta l’incertezza del diritto. Infatti pensiamo sempre alla possibilità di salvare il salvabile, chiedendo e ottenendo (non sempre) proroghe o estensioni dell’apertura del canale (la nuova moda), senza tener conto che invece potrebbero esservi colleghi (e ce ne sono) che pur di non tardare e di non farsi trovare impreparati da un adempimento, passano notti insonni e il giorno della scadenza si presentano con puntualità e attenzione meticolosa. Dove sta, a questo punto, la giustizia del diritto? Facciamo i salti mortali per rispettare le regole, ma non vi è alcuna chiarezza perché in fondo non ci stiamo confrontando con un sistema solido e sano, bensì con un apparato che si sta sgretolando. Un sistema in fallimento, perché finora non si affatto basato né sulla meritocrazia né tantomeno sulle reali competenze.

Non mi stancherò mai di ripeterlo, questa strada non ci porterà da nessuna parte. Di certo non ci condurrà all’uscita dalla recessione. Credo che così come l'azienda privata licenzia chi ha fallito, queste gente, essendo un fallimento giornaliero, dovrebbe raccogliere le proprie cose e andarsene a casa.

Anche la categoria alla quale apparteniamo è esausta e non può più assistere inerme a tale sfacelo. A chiederlo sono i nostri collaboratori, stanchi di vivere una simile situazione, tant’è che appena possono ci abbandonano. Ma a chiederlo sono anche le nostre famiglie, coniugi e figli che non solo pretendono le giuste attenzioni che, a causa delle numerose ore trascorse in studio, non riusciamo più a dare, quanto necessitano altresì di tutele di tipo economico che sinceramente non so ancora fino a quando potremo garantire.

E infine ce lo chiede la nostra coscienza... SE NON ORA, QUANDO???

In questi giorni così vicini al Natale, in un periodo in cui il sentimento religioso pervade gli animi, una simile situazione mi ha riportato alla mente una frase che lessi nel libro dell’Antico Testamento, l’Ecclesiaste. “Per negligenza il soffitto crolla e per l'inerzia delle mani piove in casa”, scrivevano gli antichi profeti. Il soffitto di questo Paese ci sta crollando addosso a causa della negligenza di chi lo amministra, ma ci sta piovendo in casa anche perché tutti noi siamo ancora inermi e non abbiamo il coraggio di affermare a gran voce che non ce la facciamo più.
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