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La legge non è uguale per tutti

A cura di Antonio Gigliotti

Per i cittadini le leggi si applicano, per gli amici si interpretano, per alcuni si eludono.
(Giovanni Giolitti)

Sul palcoscenico l’attore, e l’artista in genere, è chiamato a dare tutto se stesso. Dimentico delle proprie esperienze reali deve entrare in una pelle che non è la sua. Lo stato febbricitante, l’amnesia della vita reale e la costituzione di una nuova realtà, quella scenica, era il primo dovere di un attore secondo Konstantin Stanislavskij, teorico e regista teatrale nonché padre dell’omonimo metodo. Il fatto è che, alla luce delle ultime notizie, molti attori, musicisti e showmen hanno protratto la febbre obbliante anche una volta dismessi i panni teatrali e per motivazioni tutt’altro che auliche e artistiche. Anzi!

La parte che questa volta i suddetti artisti si sono trovati tra le mani, tutti col ruolo di attore protagonista, è quella di parassiti fiscali, evasori totali o parziali che hanno sottratto alle casse statali la (affatto modica) cifra di 18 milioni di euro. Questo è quanto emerso dalle indagini incrociate condotte dalla Guardia di Finanza di Roma, le quali hanno avuto il merito di gettare luce sugli affari sommersi di tali artisti che, presi dalla chiamata irrinunciabile di calcare le scene, hanno poi tralasciato di segnalare al Fisco i compensi ricevuti per quel nobile gesto… per nulla gratuito!

Ebbene, pur avendo dimestichezza con scritture di varia e stratificata levatura, gli illustri personaggi non hanno ritenuto opportuno lasciar traccia dei loro compensi in appositi libri contabili, pertanto le Fiamme Gialle hanno dovuto procedere coi riscontri mediante operazioni di confronto tra le segnalazioni al 118, le analisi di rischio e gli spostamenti bancari dei soggetti inquisiti. In totale, la somma non dichiarata risulta equivalente a circa il 40% degli incassi degli undici artisti indagati, vale a dire un ammontare che supera di molto i settanta mila euro.

Ora, lungi dal voler fare un processo tributario sulle pagine di questo giornale (in effetti, non ve ne sono né i requisiti, né le esigenze), preme ricordare che per quel che ci riguarda vige l’assunto costituzionale che “l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Ma non possiamo comunque esimerci dall’evidenziare almeno una delle riflessioni che il caso di cronaca suscita.

Cos’è che ci ha colpiti? Beh, senza ombra di dubbio l’evidente e clamorosa mancanza dei nomi dei presunti innocenti, nomi che in altre occasioni (spesso sfociate in tacite assoluzioni) sono stati stampati in bella mostra sulle prime pagine di autorevoli quotidiani. Ciò che ci chiediamo è il perché di tali scelte. Vi è forse una differente valutazione della sfera privata di un individuo quando questi, invece che aver intrapreso una carriera nel mondo dello spettacolo, ha optato per una vita comune? E’ forse giusto che, tra gli indagati della medesima indagine, vi siano dei professionisti la cui identità è rimasta “salva” solo grazie al fatto di esser finiti nel calderone al fianco di vip e starlette televisive?

Eppure è già successo che nomi siano emersi da indagini vere o fittizie. Ancora una volta, quale motivazione convincente possiamo scovare al fondo di tali strategie? Il calibro dell’artista? La smania di notorietà del magistrato? Ciò che è certo è che un parassita della società (questo è l’appellativo col quale gli slogan televisivi ci hanno insegnato ad indicare coloro che evadono il Fisco) se giudicato tale in fase processuale, tale sarà a prescindere dal ruolo che egli ha assunto in seno alla sfera sociale. Pertanto, riteniamo che se da un canto si è contestata una certa casta politica, economica e di interessi, quasi sacra e intoccabile, contro la quale è giusto indignarsi; dall’altra parte, non può parimenti essere accettato il silenzioso decorrere degli eventi su personaggi che, alla luce dei fatti, costituiscono un’altra e più ipocrita casta, quella del sogno televisivo, delle serate vip e dei compensi nascosti che deturpano il contesto economico pubblico almeno quanto i privilegi politici.

Dunque, pur non trovando ragionevoli risposte ai quesiti che la faccenda (triste!) ha suscitato (e ripeto “ragionevoli”, in quanto di motivazioni “emotive” ce ne sarebbero a bizzeffe), in qualità di esponente di una categoria che col Fisco combatte tutti i giorni in favore dei propri clienti e nel tentativo di cooperare al fine di erigere un argine contro l’evasione, ritengo che i colpevoli (qualora fossero certi) debbano esser tutti esposti alla gogna in maniera eguale, se questa è la prassi accettata.

Eppure quello che avviene in maniera corrente non fa che avvalorare, ogni giorno di più, quanto secoli fa sosteneva Solone, vale a dire che “le leggi sono come ragnatele: quando qualcosa di leggero e di debole ci cade sopra, lo trattengono, mentre se ci cade una cosa più grande, le sfonda e fugge via”. Così, in fuga sono i nomi degli illustri evasori, forse perché nomi pesanti, di un peso fatto di fama e privilegio. Mentre leggeri e facilmente trattenibili sono quei nomi comuni (non sempre e non solo), quelli gettati in pasto al fango di un certo tipo di informazione. E questo è tutto, o almeno il tutto che si può raccogliere nel disgusto di vedere che si tace su taluni, ma che su altri si va avanti anche in barba ai più basilari criteri di tutela della privacy. Intanto, che se ne parli o meno, la Giustizia continuerà a fare il suo corso rilevandone, in tutti i casi e con le medesime misure, le effettive mancanze o le eventuali (sempre auspicabili) innocenze.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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