4 gennaio 2012

La scoperta del secolo: i dipendenti pubblici sono evasori

A cura di Antonio Gigliotti

L’incompetenza si manifesta con l'uso di troppe parole. (Ezra Pound)

Un quotidiano nazionale, qualche giorno fa, ha deciso di identificare nell’evasore fiscale l’uomo dell’anno. Forse una scelta che non sorprende, (l’evasione è uno dei mali che l’Italia si porta dietro da molto tempo), ma che coglie nel segno, se si pensa ai condizionamenti che questo comportamento illegale impone alla nostra economia. Il sistema economico italiano è contraddistinto dal sommerso, un sommerso che chiude la strada ad uno sviluppo sano e virtuoso.

Tutti i governi degli ultimi anni si sono dichiarati contro l’evasione e hanno cercato di combattere tale fenomeno con gli strumenti che possedevano. Anche il premier Monti, nei recenti provvedimenti adottati, ha seguito questa tendenza. Ciò nonostante, il problema resta: non tutti pagano le tasse, non tutti contribuiscono allo stesso modo.

L’evasore fiscale appartiene così tanto alla nostra cultura, alla nostra realtà che – ormai – è diventato quasi un clichè. E infatti ci sono lavori che più di altri sono considerati a rischio, come spesso accade nei confronti degli artigiani, dei commercianti e del cosiddetto popolo della partita Iva. Mentre un dipendente pubblico si considera immune dall’evasione. Questa equazione ha trovato spazio nei dibattiti politici e sui giornali, così facilitando l’individuazione degli evasori sulla base di luoghi comuni.

Credo che tali individuazioni andrebbero fatte su basi più scientifiche. Se si studiano le tendenze, è certamente vero che alcune professioni tendono maggiormente all’evasione, ma è pur vero che non si può generalizzare su di un tema così importante.

Ci sono artigiani e liberi professionisti onesti e dipendenti pubblici meno onesti: qualche giorno fa è stata pubblicata la relazione annuale delle Fiamme Gialle sul fenomeno dei “doppi stipendi”, all’interno della quale sono stati evidenziati i dati relativi al periodo che va dal 2009 al 2011 e soprattutto mette in risalto dei casi abbastanza clamorosi.

Quando si parla di ridurre le spese dello Stato non si può certamente prescindere dalla lotta al doppio incarico. Un dipendente pubblico che, nel migliore dei casi, trascura il proprio impiego statale per farlo a livello privato. Nei peggiori casi, invece, sono dirigenti che magari si ritrovano ad approvare il proprio lavoro privato. E' la dura analisi della Gdf che ha pubblicato i risultati dell'ultimo triennio di indagini. Un danno per milioni di euro.

E così, si scopre che ci sono, ad esempio, funzionari e dipendenti dell’Agenzia delle Entrate che di mattina sono in ufficio e di pomeriggio fanno consulenze in studi commerciali. Controllore e consulente del controllato insieme. Non proprio il massimo dell’onestà.

La relazione della Guardia di Finanza sottolinea la costante violazione della disciplina delle “incompatibilità dei doppi incarichi”, quindi lo svolgimento di altre attività accanto a quelle di pubblico dipendente senza alcuna autorizzazione (qualora ciò sia previsto), da parte dell’ente pubblico.

Certamente, continuare la propria professione pur avendo un incarico pubblico non è vietato, potrebbe dire qualcuno, ma solo se "la Pubblica Amministrazione viene preventivamente messa a conoscenza e l'incarico si svolga al di fuori dell'orario di lavoro". Questo ovviamente per evitare possibili conflitti di interesse. Ma è su questo punto che la stragrande maggioranza delle persone colte in fallo, non ha voluto comunicare il secondo impiego. E nemmeno si può stabilire quale categoria professionale sia più esposta a questi rischi. Secondo le Fiamme Gialle, si va infatti dagli incarichi più umili fino alle consulenze d'oro.

Ad ogni modo, non si vuole qui effettuare alcuna analisi o critica dei lavoratori dipendenti, ma certamente rivolgere ai vari esperti o presunti tali un invito a comprendere meglio i fenomeni e le origini degli stessi, prima di alimentare luoghi comuni non sempre verosimili.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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