27 febbraio 2015

LE VITE DEGLI ALTRI

A cura di Antonio Gigliotti

Non serve dover andare indietro nel tempo, ripercorrendo gli anni bui della Germania dell’est quando la Stasi spiava costantemente i cittadini tedeschi prendendosi i segreti intimi e domestici delle loro vite, come ben racconta il film ‘Le vite degli altri’.

No, a noi italiani non serve, perché sappiamo cosa significa, sebbene con le dovute differenze. Noi siamo spiati e a spiarci è il fisco. Su questo non ci piove. Si prende le nostre vite pretendendo a volte informazioni superflue quanto inutili. Basti pensare a quando, negli anni ‘90, si è scelto di passare dalla fase del modello cartaceo della dichiarazione dei redditi al telematico. Chi può dimenticare, tra noi commercialisti di vecchia data, le notti passate in studio nel mese di maggio, mese in cui scadeva la dichiarazione dei redditi, a compilare a mano il modello? Seguiva la fase delle code nei centri raccolta dei modelli, solitamente i comuni, per la consegna e, successivamente, il ritiro delle ricevute. Quest’ultima operazione caratterizzava la chiusura di un anno di lavoro. Da giugno ci sentivamo rinati e ci potevamo godere qualche giorno di tranquillità. A questo punto iniziava poi l’attività degli uffici che dovevano caricare manualmente i dati dei modelli cartacei, per eventuali contestazioni ai contribuenti.

Poi, un giorno, arrivò l’idea che occorreva digitalizzare il sistema fiscale, renderlo più veloce. Soprattutto appariva necessario passare dalla fase in cui i dati delle dichiarazioni venivano presi a mano dagli impiegati degli uffici a quella in cui invece era il cittadino (e per lui il suo professionista) a trasmettere telematicamente i suddetti dati. L’Amministrazione Finanziaria semplificava il tutto, l’impiegato non doveva più recuperare nessun dato, anzi con un click aveva sul pc tutte le informazioni relative al contribuente. Sensazionale come idea e indubbiamente ottimi i risultati. Tuttavia, questo passo epocale ha fatto certamente guadagnare tempo all’Amministrazione Finanziaria, a scapito dei professionisti che ne hanno pagato le conseguenze a caro prezzo. Infatti noi commercialisti abbiamo dovuto assorbire investimenti, tempo e difficoltà enormi per consentire alla procedura telematica di andare a buon termine. E ovviamente gratis, divenendo segretari dell’Amministrazione Finanziaria e offrendo un servizio di indubbio vantaggio per il fisco.

Fin qui il passato, ora mi vorrei soffermare sul presente.

In queste ultime settimane si sta parlando, sempre nell’ottica della semplificazione (!), della cosiddetta dichiarazione precompilata che arriva direttamente al contribuente, salvo poi scoprire che al contribuente non arriva assolutamente niente! In realtà l’italiano medio che intende mettersi in regola col fisco non si vedrà recapitare la dichiarazione precompilata, ma dovrà collegarsi al portale online e scaricare il modello, il tutto dopo aver fatto un corso di informatica! Scusatemi, ma non è proprio la stessa cosa di dire che arriva la dichiarazione precompilata a casa! Non facciamoci prendere per i fondelli!

In ogni caso, questo modello conterrà quasi tutti i dati del contribuente utili ai fini dichiarativi. Dico ‘quasi tutti’ perché per i primi anni sarà incompleto e occorre integrare la stessa dichiarazione.

Ma i dati al fisco come arrivano, per essere inseriti poi nella precompilata?

Ebbene, le banche invieranno i dati di propria competenza (interessi passivi per mutui, ecc.), le compagnie assicurative invieranno i premi per le polizze e, per finire, arriveranno i dati dei sostituti d’imposta.

Da tutto ciò l’unico dato certo sono i costi, tutti a carico di terzi soggetti (banche, professionisti in particolare, compagnie assicurative, ecc.), mentre i benefici, se un giorno ci saranno, tutti a favore dell’Amministrazione Finanziaria.

Amministrazione Finanziaria che, così come accadde negli anni ‘90 con l’avvio del telematico, potrà liberarsi da una serie di attività (riduzione controlli formali sui modelli) e concentrarsi su quelle di merito che consentono al fisco di spiare le vite degli altri.

Detto questo, per concludere, è chiaro che vivere sotto controllo non ci porterà da nessuna parte e non farà rifiorire alcuna ripresa. Anzi, per usare le parole dell’intellettuale colombiano Nicolás Gómez Dávila, “quanto più lo Stato controlla le attività umane, tanto più difficile diventerà governare e tanto più facile comandare”.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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