5 settembre 2014

LIMITI AL CONTANTE… RIDO PER NON PIANGERE

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici, spesso alcune riflessioni che sfociano poi nei miei editoriali sono frutto di segnalazioni o, meglio, di incazzature, di colleghi che non ne possono più di star dietro ad adempimenti il più delle volte inutili, carichi solo di ulteriori responsabilità. Consapevoli, tra l’altro, che questo aumento di carichi non equivale a un rientro economico superiore, anzi l’introduzione di nuovi adempimenti assottiglia sempre di più le già esangui tasche.

In particolare, oggi mi voglio soffermare su una questione che, se non fosse drammatica come in effetti è, porterebbe ciascuno di noi a ridere a crepapelle. Mi riferisco alla specificità delle limitazioni al contante entro i confini di parentela. Ma procediamo con calma al fine di inquadrare meglio la situazione.

Una delle più odiate novità in capo a noi professionisti è quella relativa all’antiriciclaggio che, a seguito di controlli della GDF, sta mietendo sempre più vittime all’interno dei nostri studi imponendo sanzioni eccessive per adempimenti assurdi. Mi auguro che adesso, ristabilita la nostra governance, ci possano essere elementi di sviluppo su tale tema, altrimenti sappiate cari colleghi che siamo tutti a rischio se fanno un controllo come quello a cui ho assistito per conto di un collega amico. Vi assicuro che 9 studi su 10 non sono in regola!

Tuttavia, voglio tralasciare per un momento gli aspetti generali che in realtà andrebbero affrontati da chi di dovere al fine di semplificare l’aggravio di lavoro e di responsabilità che ci portiamo sulle spalle. La mia attenzione, come avevo già annunciato, si focalizza oggi su uno degli aspetti dell’antiriciclaggio, nello specifico quello veicolato dalla norma che vieta la circolazione del contante tra due soggetti per importi pari o superiori a 1000 euro se non interviene la banca o l’ufficio postale.

Ciò vuol dire, in sostanza, che io non posso pagare a un negozio 1.200 euro in contanti, ma devo fare un bonifico o un assegno o pagare con carta di credito.

Premesso che in Italia, nella vita quotidiana delle famiglie , sia per spese di modesta entità sia per quelle di una certa importanza esiste l’abitudine di fare ricorso al contante, lo stesso è ancora fortemente utilizzato nelle transazioni a fronte di un utilizzo ancora molto limitato di strumenti elettronici di pagamento.

Si è spesso motivata l’esistenza di questo limite (fra l’altro subendo delle oscillazioni negli ultimi anni, al rialzo e al ribasso) anche con lo scopo di combattere l’evasione fiscale.

Premesso che tutto ciò che è seriamente diretto alla lotta all’evasione fiscale ha il mio pieno e totale apprezzamento, ritengo altresì doveroso tracciare un distinguo tra ciò che è la vera lotta all’evasione e ciò che invece non lo è. E secondo me, vi sono degli aspetti di questa limitazione all’uso del contante che non producono alcun effetto positivo nel processo di sradicamento dei comportamenti evasivi.

Perché la penso in questo modo? Ebbene, considerate quanto sia difficile spiegare a un cliente che il suddetto limite dei 1000 euro esiste anche in ambito familiare. Giorni fa, parlando con un mio cliente proprio di questo limite, ho dovuto precisare che lo stesso sussiste anche nei rapporti tra familiari. Non è stata una passeggiata fargli assimilare il concetto che il limite è altresì imposto all'interno dello stesso nucleo familiare: in sostanza, non è possibile realizzare il passaggio di denaro contante oltre soglia (1.000 euro) perché viene considerato come effettuato tra soggetti diversi. Sul punto, ho dovuto anche metterlo in guardia dal fare donazioni in contanti al figlio! Si tenga presente infatti che l'Agenzia delle Entrate aveva chiarito nel corso di Telefisco 2012 che la violazione del divieto di utilizzo di contante si configura, ad esempio, se un genitore trasferisce denaro al figlio minorenne e privo di autonoma posizione fiscale, per sostenere le spese di un viaggio di studio. Al che mi ha chiesto se poteva invece trasferire del contante alla moglie (circa 1.500 euro): per dargli una risposta esaustiva gli ho dovuto chiedere se fossero in regime di comunione o meno, in quanto la soglia non rileva solo per quei coniugi che sono in comunione di beni.

Ora, potete immaginare lo sfogo del suddetto cliente. Ha usato termini che non posso riportare ma che, in tutta franchezza, condivido e sottoscrivo. Si è esasperato al punto di giurarmi che non avrebbe seguito una parola di quello che gli ho detto, in quanto gli sembrava tutto assurdo e impossibile… Come non capirlo?
Ah..dimenticavo... il cliente in questione, ci tengo a precisare, non è calabrese!

Cari amici, voi lo sapete meglio di me, quante di queste mortificazioni riceviamo giornalmente, quanti sfoghi di questo genere da parte dei nostri clienti oramai esasperati da un legislatore che il più delle volte emana norme senza capire cosa di cui si sta occupando? E sono proprio queste norme assurde che finiscono per bloccare l’intera economia. Possibile che siano tanto ciechi?

L’intellettuale svizzero Henri-Frédéric Amiel scriveva nei propri diari che “una vita mancata è un rimpianto; una vita inutile è un rimorso”. Ora, lungi dal volermi calare nel romanticismo di siffatta citazione, vorrei permettermi però di parafrasarla, considerando come una norma mancata, non fatta, vacante, sia un rimpianto, ma quando la si emana e la sua forma e le sue finalità sono inutili, prive di senso, volte solo a complicare la vita dei contribuenti, allora quella norma sarà un rimorso al quale il Legislatore deve porre rimedio.
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