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Quando la sintesi si fa potere

A cura di Antonio Gigliotti

Mai settimana di ferragosto fu più lontana dall’idea di vacanza. Il Governo vara addirittura una manovra bis pubblicata in Gazzetta ufficiale proprio nel giorno di festa. L’Europa ci guarda, l’economia internazionale ci giudica. La Categoria, come parte del tutto, interpreta il suo ruolo in bilico su un burrone, con il terreno che si sgretola lentamente.

Ora, può darsi che neanche questa volta si scivoli giù, dove non c’è più speranza di risalita. Può darsi che all’ultimo l’esame di Stato, baluardo della nostra professionalità, resti in vita seppur con la paura di subire altri attacchi. Sferrato il primo, il secondo non stupirebbe.

Può darsi anche che la liberalizzazione delle professioni non sia più così demoniaca come si prefigurava.

Ma questo non può esimerci dall’analisi profonda dei fatti. Perché aver scampato il peggio non attribuisce automaticamente un merito.

Una Categoria numerosa come la nostra, seria e responsabile e, come alcuni fanno notare, dal 2008 molto più visibile non è riuscita "partecipare". Badate bene, non ad influenzare le decisione del Governo – cosa buona e giusta, ma per noi impensabile allo stato dei fatti – ma a partecipare alla discussione.

Poteva succedere tutto e il contrario di tutto e noi avremmo subìto le decisioni degli altri sul nostro futuro. Non dimentichiamoci che la reazione della Categoria alle minacce di abolizione degli ordini era rivolta a una mobilitazione “postuma” che tradotto vuol dire: zero possibilità di incidere, zero credibilità istituzionale.

Spero di non essere il solo a ricordare un’assemblea dei Presidenti in cui si balbettavano informazioni, si osavano timidi tentativi di incoraggiamento, si millantavano speranze senza avere la percezione di quel che stava succedendo. Vi ricordate che non c’era una sedia per i commercialisti quando si formò un tavolo per parlare di riforma fiscale? Ora, aver ottenuto quella sedia non è un successo, è una gaffe evitata. Una ridicolizzazione scampata. Si parla di fisco e si dimenticano di noi.

Mi chiedo, la gestione della nostra immagine si traduce nella qualità pregiata della carta su cui facciamo pubblicità? Non pagare più le pagine dei giornali come gli inserzionisti – come succedeva a detta del Presidente prima del suo mandato – ci rende davvero migliori? Apprezzati? Visibili?

Comprendo che l’era in cui viviamo sia quella dell’apparenza e comprendo anche che la politica abbia quasi un fascino glamour per un presidente giovane, ambizioso come il nostro. Ma non può tradursi nell'atteggiamento esasperato di questi ultimi mesi, in cui si corteggiano - a nome della Categoria - solo alcuni interlocutori, abbandonandone altri. Nascondendosi dietro la scusa, piuttosto accampata, che non si può rispondere al telefono “tutti e ventuno in coro”.

Siamo davvero a questo punto? Davvero un presidente crede di non dover rispondere delle sue dichiarazioni alla base? O che sia sufficiente una battuta a liquidare il malcontento che si è creato per alcune sue esternazioni?

La sintesi è di per sé un potere. Chi ha l’onore e l’onere di veicolarla lo deve fare con trasparenza, rispetto e dignità. Non si può pensare di strumentalizzarla. Siamo sicuri che sia “il bene della categoria” il criterio utilizzato? Sarà banale, ma per noi professionisti parlare con chiunque è la vera forza. La visibilità di cui abbiamo bisogno è la considerazione, l’apprezzamento per il nostro lavoro non un manifesto in giro per l’Italia.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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