21 marzo 2013

TU SCENDI DALLE STELLE

A cura di Antonio Gigliotti

Fra qualche giorno festeggeremo la Santa Pasqua, in un clima di speranza e fiducia verso una resurrezione religiosa e sociale della quale il nostro Paese ha evidente e concreto bisogno. Eppure per la categoria alla quale ci pregiamo di appartenere, il periodo che da mesi stiamo attraversando pare quasi un lungo avvento che, iniziato durante la campagna elettorale precedente l’appuntamento dello scorso 15 ottobre, si concluderà forse il prossimo 19 giugno, quando il Tribunale amministrativo del Lazio entrerà nel merito delle elezioni per il rinnovo del nostro Consiglio nazionale.

Infatti, malgrado qualche giorno fa le ordinanze di Palazzo Spada avessero raccomandato ai giudici di merito celerità nel fissare la data, la notizia di ieri è che dovremo attendere ancora qualche mese solo per sapere come la pensa il TAR. Questo significa che i giudici amministrativi daranno il loro responso sulle questioni che hanno portato all’annullamento delle ultime competizioni elettorali a fine giugno e che poi ci sarà ancora da aspettare per fissare (se lo riterranno opportuno!) la data del nuovo appuntamento per rinnovare una GOVERNANCE al momento assente.

Ritengo sia a dir poco raccapricciante dover constatare come non siamo stati in grado di gestire da soli le nostre vicende interne, dovendo per altro appellarci a organismi terzi che, aggrovigliati a beghe burocratiche, di certo non comprendono la nostra apprensione affinché si giunga finalmente a un punto conclusivo.

Ecco quindi perché parlo di avvento, di attesa di qualcosa che dovrà arrivare a liberarci dall’oppressione e dal timore di non sapere che strada imboccare. Attualmente siamo l’unica categoria professionale regolamentata a non avere una guida. Pertanto appariamo come una schiera di professionisti scoperti, le cui tutele stentano a esser difese, senza considerare il fatto che siamo improduttivi dal punto di vista degli studi e delle iniziative. Assistiamo inermi al lavoro che stanno conducendo le professioni ‘cugine’ sia in campo lavoristico che sul versante giuridico, senza avere l’ardire né le possibilità di intervento in questioni che, a ben vedere, ci riguardano da vicino come, ad esempio, la consulenza e assistenza stragiudiziale. L’organo di rappresentanza, ormai soggetto al Commissariamento straordinario, non può occuparsi di queste faccende operative, per tale ragione abbiamo visto le solerti associazionidi categoria prendere le redini della situazione con circolari, comunicati e interventi. Purtroppo, pur plaudendo a un siffatto operato attento alle esigenze degli iscritti, è chiaro che nessuna sigla sindacale può sostituirsi al Consiglio nazionale che nasce per tutelare, rappresentare e guidare tutta la categoria.

Ecco, da piccoli a Natale ci riunivamo intorno al presepe e cantavamo ‘Tu scendi dalle stelle’ mentre, allo scoccare della mezzanotte, uno degli adulti calava il Bambinello nella grotta. Non sarà il caso di ripetere questa innocente tradizione, sperando che qualcuno dall’alto dei poteri giuridici ci ‘cali’ dei rappresentanti degni di questo nome? Sinceramente spero che non si arrivi a un’ulteriore imposizione e che invece si possa concertare il futuro della categoria in maniera condivisa. La soluzione? Ebbene, il mio parere è che sia ormai giunto il momento di sedersi intorno a un tavolo, tutti insieme, e ragionare su come venirne fuori. Il punto è che l’intero contesto socio-economico nel quale viviamo e operiamo professionalmente è talmente delicato che risulta impossibile credere (innocentemente?) di poter continuare così, con i vertici scoperti e gli iscritti allo sbaraglio. È mai possibile che tra i tanti che si sono candidati, oggi come in passato, non vi sia più nessuno che ami la categoria più dei suoi personali interessi? In tutta sincerità, temo la risposta a una simile domanda. Proprio per questo spero che si possano mettere da parte gli scontri recenti, per poter affrontare insieme l’imminente futuro.

Per concludere, in questo clima religioso, influenzato dall’elezione del nuovo Papa e dall’avvicinarsi della Pasqua, mi viene in mente un famoso detto del missionario beato Giuseppe Allamano, che soleva ripetere e sé e agli altri “Fare, non aspettare”. Ecco, io vorrei adottare questo motto e trasmetterlo a tutti quei colleghi che, più di me e di tanti altri, possono ‘fare’ al fine di evitare all’intera categoria un’attesa per nulla costruttiva.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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