27 novembre 2024

Adeguatezza degli assetti e il ruolo della prevenzione nella vita dell’impresa

L’articolo 3 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza

Autore: Redazione Fiscal Revisione
L’art. 3 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), recentemente aggiornato dal “Correttivo ter”, pone l’accento su un tema cruciale per le aziende italiane: l’adeguatezza degli assetti societari come strumento di prevenzione, piuttosto che di reazione alla crisi. Diversamente dagli indicatori tradizionali che rilevano uno stato di crisi ormai in atto, il nuovo testo normativo propone un approccio anticipatorio, mirando a costruire misure che possano riconoscere e prevenire i segnali di difficoltà prima che diventino problemi concreti. Questa prospettiva, tuttavia, solleva questioni significative sulla sua applicazione, specialmente per le piccole e medie imprese (PMI), e sulla reale capacità dell’impresa di bilanciare la gestione del rischio con la continuità aziendale.

Il nuovo approccio preventivo dell’Articolo 3 - L’art. 3 del CCII, modificato dal Correttivo ter, sposta l’attenzione su ciò che un’impresa dovrebbe fare per prevedere e prevenire la crisi, piuttosto che indicare segni evidenti di crisi già in corso. Le modifiche al comma 4, infatti, chiariscono che gli indicatori descritti nelle lettere a), b), c), d) dell’articolo non fungono da “allarme” per condizioni compromesse, bensì come segnali di precrisi. Questi strumenti indicano agli imprenditori le possibili minacce future e permettono di adottare misure tempestive per evitare, se possibile, una crisi strutturale. La chiave è dunque nella continuità di azioni preventive che rinforzino la stabilità aziendale senza attendere l’insorgere di situazioni critiche.

Responsabilità e ruolo degli organi di controllo - Un aspetto delicato riguarda le responsabilità dei soggetti coinvolti nella gestione e nel controllo dell’impresa. L’art. 3 spinge l’imprenditore a dotarsi di assetti amministrativi, organizzativi e contabili adeguati, ma anche di misure che permettano il monitoraggio continuo dei rischi, superando la visione statica della sola verifica contabile a posteriori. Questo approccio pone domande su quali standard adottare e su come applicarli, considerato che le PMI, ad esempio, potrebbero non avere le risorse per implementare processi di controllo così articolati.

Nel contesto delle gravi irregolarità ex art. 2409 del Codice civile, in assenza di crisi manifesta, le lacune negli assetti societari possono infatti diventare responsabilità rilevanti per gli organi di controllo, chiamati a intervenire per prevenire il deterioramento della salute aziendale. Questo scenario introduce l’esigenza di definire più precisamente gli strumenti operativi, con particolare attenzione alle PMI, per facilitare un’azione di monitoraggio efficiente e proporzionata.

L’equilibrio tra rischio e continuità per le PMI - Per molte PMI, l’articolo 3 rappresenta una sfida interpretativa e pratica: la gestione del rischio è insita nell’attività imprenditoriale, e un eccessivo formalismo nella prevenzione della crisi potrebbe soffocare lo spirito imprenditoriale. Il Correttivo ter del CCII tenta di rispondere a questa preoccupazione, bilanciando la necessità di assetti adeguati con l’inevitabile assunzione di rischi connessi alla gestione aziendale. Tuttavia, è evidente la necessità di strumenti che rendano concretamente applicabili queste disposizioni, fornendo modelli di controllo proporzionati alle risorse disponibili per le PMI.

Gli indicatori di prevenzione e le prospettive operative - L’introduzione di indicatori preventivi, non più vincolati all’allarme di crisi conclamate, permette alle aziende di attivarsi anticipatamente nella gestione delle vulnerabilità aziendali. Tale previsione giustifica anche l’uso di soglie basse, come quelle descritte dall’art. 25-novies del CCII, in modo da intercettare le difficoltà sul nascere e consentire una composizione negoziata solo se strettamente necessaria.

Conclusioni e spunti operativi - L’art. 3 del CCII riflette un cambiamento culturale nella gestione delle crisi d’impresa, spostando il focus dalla reazione alla prevenzione e richiedendo che gli imprenditori si dotino di strumenti adeguati a garantire la continuità dell’impresa. Per le PMI, l’applicazione pratica di tali principi può risultare complessa senza un supporto adeguato in termini di modelli e risorse. Rivedere i limiti normativi, nel contesto di un approccio economico-aziendale più ampio, potrebbe consentire di integrare meglio i cicli di “crisi-risanamento” nella vita delle imprese, permettendo una maggiore flessibilità e allineamento con le caratteristiche di ciascun settore e dimensione aziendale.
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