27 ottobre 2021

Il ruolo del revisore legale nel nuovo contesto normativo della crisi d’impresa

Autore: Daniele Sirianni e Alfonso Falace
Sulla responsabilità del revisore legale, alla luce delle nuove disposizioni (DL 118/2021) incombe l’obbligo di segnalazione della eventuale presenza di fondati indizi della crisi di impresa con modalità e termini differenti rispetto al Codice della crisi.

Il Dlgs 14/2019 conferma, per le società di capitali, ed estende alle altre imprese collettive la necessità di introdurre specifiche procedure ed assetti aziendali, diretti prevalentemente all’individuazione dello stato di crisi prima che la stessa diventi irreversibile. Tali specifiche procedure potranno eventualmente consentire l’adozione di idonee misure per il superamento e/o la previsione di una crisi aziendale. Gli organi di controllo e il revisore legale, in questo caso, sono chiamati a una vigilanza in ordine all’adeguatezza degli assetti e delle procedure, anche alla luce del loro concreto funzionamento e della situazione in cui si trova la società.

A sindaci e revisori legali si richiede, in particolare:
  1. di verificare che la governance aziendale monitori costantemente l’adeguatezza dell’assetto organizzativo dell’impresa, la permanenza dell’equilibrio economico finanziario e il prevedibile andamento di gestione;
  2. di segnalare all’organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi di probabile crisi aziendale.

Non è di minore importanza il ruolo assegnato all’organo di controllo nel contesto della composizione negoziata (DL 118). Come nel Codice della Crisi, la vigilanza fa perno su un sistema che va a privilegiare l’adozione di strumenti organizzativi in grado di rilevare gli indicatori della crisi a seconda delle dimensioni e della tipologia dell’attività aziendale. Anche in questo caso la segnalazione deve essere motivata. Tuttavia, vi sono alcune differenze. Infatti, il citato D.L. 118 fa riferimento al solo organo di controllo e non parla di revisore legale esterno. Inoltre, si registra un’anticipazione della segnalazione, che dovrà avvenire non soltanto quando si riscontri una situazione di crisi aziendale, ma già ove emergano «condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che la rendono probabile». Tale accelerazione si riflette anche sul termine entro il quale la direzione aziendale ne deve dare riscontro, riferendo in ordine alle iniziative intraprese, che scende a 30 giorni (rispetto ai 60 del Codice della Crisi).

Comunque, la differenza più importante è però rappresentata dal carattere interno della segnalazione: la sollecitazione dei sindaci si esaurisce nella sfera interorganica della società, con un accantonamento (ci si augura definitivo) dell’eccentrico ruolo di attivatori della procedura esterna innanzi all’Ocri, che invece assegnava loro il Codice della crisi. Alla segnalazione deve poi seguire un attento monitoraggio su tutte le iniziative assunte dalla governance aziendale e sull’andamento delle trattative, nell’ambito di quella composizione negoziata che vede il collegio sindacale referente privilegiato dell’esperto, con il quale istituirà un flusso informativo biunivoco.

Le predette attività, e ancor prima la tempestività della segnalazione, costituiranno gli elementi rilevanti che il giudice dovrà considerare nel valutare la responsabilità prevista dall’art. 2.407 del Codice civile.
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