9 settembre 2023

August blues

Autore: Ester Annetta
Inizia con un piccolo languore, una spossatezza interiore legata ad una sensazione di vuoto, non dovuta però alla fame – come quel termine fa in genere pensare - ma alla sotterranea percezione del lento dissolversi di uno stato di grazia, che lascia scoperto uno spazio solitario e scolorito.

Si chiama august blues, malinconia d’agosto, ed indica quella condizione che solitamente avvolge già poco dopo la metà del mese, quando la consapevolezza del tempo residuo si accompagna non più alla leggerezza della vacanza ma alla pressione della sua fine incombente.
Coincide con i mattini freschi che già anticipano l’aria di settembre; con i temporali che, improvvisi e violenti, rabbuiano i pomeriggi per poi lasciar spazio di nuovo ad un cielo sgombero e luminoso; con le giornate lentamente divenute più brevi, che imprimono il tono della sera ad un’ora che dovrebbe restare ancora nel limbo del crepuscolo.

“Settembre è un po’ la domenica sera dell’anno”.

Ho letto da qualche parte questa definizione e mi è sembrata esprimere efficacemente la sensazione che la fine dell’estate porta con sé. Rievoca, poeticamente, il tema leopardiano del ritorno agli affanni ed alle cure quotidiane dopo un momento di festa, così potentemente decritto ne “La sera del dì di festa”: Ecco è fuggito il dì festivo, ed al festivo il giorno/volgar succede, e se ne porta il tempo/ogni umano accidente.

Tutto sa di sconsolato ritorno al tempo ordinario, ricolmo di impegni e incastri e perciò vuoto di spensieratezza e gioia, giacché la vera ‘vacanza’ è quella che, viceversa, svuota i giorni da ogni rituale ‘volgare’ e doveroso, ampliando i confini del rimandabile e del non necessario.
Al tempo stesso, però, quel doveroso ritorno è un affascinante richiamo al quale si fatica a resistere e che, anzi, talvolta persino si confonde col desiderio. Si ingaggia perciò una misteriosa lotta interiore, che a tratti rifiuta e a tratti reclama il riassetto d’un ordine canonico e rigoroso come pure la pretesa d’una interminabile sua presa di distanza.

E allora ecco che la fine del tempo vacante che connota l’estate invoglia e proietta verso l’inizio di un tempo pieno, che sa di nuovo inizio e, dunque, di cambiamento.

Settembre segna non la prosecuzione della stagione anteriore ma l’incipit di una nuova; è il tempo dei buoni propositi che avvia un altro anno, delle decisioni che promuovono variazioni e rinnovazioni, delle partenze che principiano scelte diverse e più audaci.

Perciò la malinconia d’agosto diventa un po’ anche stimolo e attesa, nuova energia che, forte della carica ricevuta durante il tempo di quiete appena trascorso, meglio predispone ad affrontare la ripartenza, diventando quasi euforia.

È proprio questo contrasto di sensazioni, alterne tra tristezza e ed entusiasmo, il duello più difficile da combattere, fatto di segni esteriori visibili e altrettanti, interiori, ben nascosti. La riga del costume che segna il confine di un’abbronzatura che presto sbiadirà è la traccia visibile che nello specchio in cui ci si guarda rifletterà ancora per un po’ il sole e la luce d’una stagione mentale più che astronomica; la felpa leggera che la nasconderà quando la pelle rabbrividirà al primo accenno di fresco, saprà per prima di nostalgia per il tepore che per tutto l’inverno che è stato si sarà inseguito.

E anche questo sarà languore, mancanza e vuoto, ma di un diverso abbraccio di calore: non fatto di sole e d’estate ma di calzettoni pesanti, tisane e foto da sfogliare quando luce e colori mancheranno.
Estate e inverno, in fondo, non sono che stagioni del cuore.
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