Bagliori arancioni solcano il cielo; sembrano fuochi d’artificio, che, fendendo il buio, lasciano una scia culminante in un punto luminoso, che continua a cadere, fino ad essere ingoiato dalla notte.
Formano quasi un ricamo, maglie di una rete di luce che cattura sogni e desideri.
Così dovrebbe essere, giacché è quasi Natale.
Invece quei bagliori sono razzi illuminanti, che, sull’area di confine della striscia di Gaza, annunciano imminenti nuovi bombardamenti.
Non ci sarà il Natale qui.
Non ci saranno luci, alberi, musiche, doni.
Nessun Bambino nascerà a Betlemme; nessuna stella guiderà il cammino verso la salvezza.
Perché salvezza non c’è.
La nuova strage degli innocenti è iniziata da tempo, prima ancora che il Bambinello atteso nascesse.
Un altro Erode l’ha ordinata, senza tener conto di numeri e di età.
Tutti i bambini, indistintamente, devono morire: dilaniati dalle bombe, schiacciati dalle macerie o anche più semplicemente soffocati perché le incubatrici dove sono custoditi non possono più funzionare.
L’impietoso Re si illude di poter eliminare chi minaccia la sua potenza, sterminando una razza intera, vecchie e nuove generazioni.
Quanti sopravviveranno? Ed i sopravvissuti saranno forse capaci di predicare il dialogo come duemila anni fa fece il Bambino scampato alla strage? Non avranno piuttosto alimentato il seme dell’odio, nutrito la ribellione e la vendetta che, ancora, in un altro tempo, quando un nuovo ciclo storico sarà ripartito, li condurrà ad una nuova insurrezione?
Nessun Bambino nascerà a Betlemme quest’anno; l’hanno deciso autorità religiose e civili di quella cittadina simbolo di pace e salvezza.
Perché pace e salvezza non ci sono.
Niente celebrazioni, niente presepi. Per la prima volta, dopo decenni, la Piazza della Mangiatoia – il luogo esatto dove si dice sia nato il Cristo – resterà sguarnita e buia.
Chi potrebbe aver voglia di festeggiare mentre tutt’intorno vite innocenti continuano ad essere massacrate?!
Ovunque è tempo di festa, ma non qui.
Qui è solo tristezza e dolore; suono di sirene anziché rintocco di campane; veglia di morte e non attesa di vita; pianto e lamento invece che canto di gioia.
Eppure forse è proprio questo il Natale più simile a quello di duemila anni fa, quando in una povera terra di pastori, la salvezza dell’umanità si incarnò in un Bambino venuto alla luce in una stalla.
Perché è proprio lì dove non ci si aspetta più nulla che la speranza può germogliare.
Nessun Bambino nascerà a Betlemme quest’anno.
Ma basterà che rinasca nel cuore di tutti gli uomini: dei potenti e dei perdenti, dei padroni e dei servi, degli aggressori e degli aggrediti. Di chi resta cieco e sordo al grido di aiuto di vittime mute. Di chi è oppresso.
E allora, il miracolo dell’amore sarà ancora possibile.
Senza celebrazioni, sena fasti, senza luci.
Basterà che brilli una sola stella, quella che da millenni pretende ancora, instancabilmente, d’essere la guida di tutta l’umanità: “sia Pace in terra agli uomini”.
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