Sono molti i temi seri e preoccupanti maturati durante le settimane appena trascorse, note dolenti che hanno inquinato la tranquillità d’un tempo che avrebbe dovuto essere di totale serenità ed estraniamento. Andranno ad aggiungersi ai tanti altri che frattanto emergeranno ed ai quali l’attenzione dovrà necessariamente rivolgersi.
Ci si conceda allora ancora un po’ di tregua, il cedimento ad un frivolo e curioso spunto argomentativo che resti leggero, sì da rendere meno duro l’impatto col ritorno alla quotidianità ed ai consueti ritmi.
Parto allora da questo titolo, insospettatamente profetico per l’interprete dell’omonima canzone, oggi nuovamente tornata in auge nonostante i suoi anni.
Senza tema di smentita, può difatti sostenersi che Orietta Berti sia diventata il fenomeno più incredibile dell’estate; lei, che - con evidente contraddizione in termini - può definirsi “la boomer più moderna” dei nostri tempi, ha sorpreso tutti, sconvolgendo i dati delle classifiche dei brani più ascoltati con “Mille”, il tormentone che la vede affiancata a due “geni” attualissimi (Fedez ed Achille Lauro, autentici bersagli di quella corrente d’odio-amore che li osanna quando sostengono retorica e temi sociali e li disprezza quando performano sui social con l’esibizione dei loro averi e dei loro stili di vita), che accanto a lei finiscono quasi per diventare dei valletti.
Geni, sì, perché non può altrimenti che definirsi geniale l’intuizione di catapultare nell’attuale dimensione musicale – fatta di temi e stili particolari – un personaggio dall’impronta, dai canoni e dalle sonorità “antiche”, che, riabilitandosi con l’etichetta “vintage” finisce invece mirabilmente per integrarsi in contesti totalmente estranei al suo modo di essere. Anzi, riesce perfino a creare un curioso e riuscitissimo accostamento tra un retrò fatto di lustrini e piumaggi (come quello che adoravano le nostre nonne) e le novità – anche comunicative - che affidano a social, meme e internet la diffusione e, conseguentemente, il successo delle performance.
Il risultato – che è sotto gli occhi di tutti - è che l’Oriettona nazionale, con la sua voce ancora piena e cristallina, senza i graffi dell’età, non solo ha mantenuto la sua platea di sempre, quella delle vecchie generazioni nostalgiche che l’hanno seguita sin dai primi Sanremo e che sulle sue note hanno ballato nelle balere o nelle sagre di paese, ma ha conquistato perfino i più giovani, che quel ritornello così “popolare” (aggettivo da intendersi più che nel senso di “molto conosciuto dal popolo” in quello di “istituito per il popolo, a favore del popolo”), “…ma poi te ne restano mille…” l’hanno scaricato a frotte su Spotify e pure canticchiato, attratti forse pure da quella genuinità e ingenuità con cui lei (peraltro divertendosi) si è lasciata condurre su un percorso insolito, così diverso dal consueto.
La immagino, la simpatica emiliana, con quel suo fare sempre gioviale e allegro, che, neanche consapevole di appartenere ad una categoria che la cataloga come “boomer”, si aggira stupita come Alice nel paese delle meraviglie in un mondo fatto di parole, strumenti e artifizi strani, cercando di prendere dimestichezza – anche se poi in fondo neanche gliene importa granché, visto che tanto c’è chi se ne occupa – con espressioni quali trigger, reach, engagement, like, meme, community, follower, stream.
Piace anche per questo, forse, per quell’apparire così decontestualizzata eppure al tempo stesso così straordinariamente integrata in uno scenario in cui paradossalmente non pare essere l’elemento discordante ma quello di raccordo tra diverse epoche, diverse generazioni, diverse culture.
E se viene il dubbio che quella di “Mille” sia stata una operazione di marketing mirante più a traguardi economici (innegabilmente raggiunti) che non ad una rivoluzione musicale, e che meno ancora si sia trattato di una strategia ammirevole per riportare a galla una vecchia gloria, affidandola alla guida di due esperti nocchieri, quel che è certo è che la barca di Orietta Berti ha ripreso ad andare. E finché la barca va….