Un sondaggio pubblicato questo mese dallo “European Council on Foreign Relations” (ECFR), in collaborazione con “YouGov” e “Datapraxis”, rivela che la maggioranza dei cittadini europei ha perso la fiducia nella UE e nella sua capacità di rispondere efficacemente alle crisi di grande portata, come nel caso della pandemia.
Da semplice sondaggio giornalistico, si è trasformato in una sorta di avvertimento inviato al Consiglio europeo che si riunisce proprio in queste ore, un malessere che ha bisogno di risposte concrete e non di parole, perché la pazienza si sta esaurendo: gli europei pretendono che la UE dimostri una volta per tutte il valore del proprio progetto e difenda gli interessi sugli scenari internazionali.
In molti dei principali stati membri, comprese Germania, Francia, Spagna, Italia e Austria, il quadro è assai chiaro: la maggioranza dei cittadini è convinta che il progetto europeo abbia sbagliato nella gestione del Covid, e pretende una risposta più univoca alle questioni globali, così come una posizione più decisa (e perfino brusca) contro le violazioni cinesi, russe e turche del diritto internazionale. Reintrodurre le libertà, come la possibilità di vivere, lavorare e viaggiare liberamente, rappresenta un percorso per “riavviare” la fiducia nel progetto europeo, ma costruire una visione della UE post-Covid potrebbe offrirne un’altra, ancora più forte.
Gli europei, oggi, si sentono soli e temono di essere schiacciati e superati da altre potenze internazionali. Fanno parte di un blocco che raramente può imporre qualcosa agli stati membri, ma solo limitarsi a suggerire: ed è questo eterno “vorrei ma non posso”, l’equilibrio fra il desiderio di diventare gli Stati Uniti d’Europa e la ritrosia dei paesi di perdere qualche stilla di sovranità, a dare al progetto del vecchio continente un senso di incompiuto, avendo a che fare con un posto dove non esiste neanche una politica fiscale comune, e dove gli stipendi di un operaio o i prezzi di un’automobile restano ben diversi fra un paese e l’altro.
Come ha rilevato il sondaggio dell’ECFR, malgrado la percezione degli Stati Uniti sia migliorata dopo l’elezione di Joe Biden, molti europei vedono l’America come un paese troppo lontano per condividere gli stessi valori e interessi europei. L’ambizione di chi vive nel vecchio continente è che la UE sia capace di ergersi sulla scena mondiale come un faro di democrazia e diritti umani, con una voce stentorea che sappia farsi sentire con forza di fronte alle clamorose violazioni del diritto internazionale come il dirottamento di aerei europei da parte della Bielorussia, o la persecuzione della popolazione uigura nello Xinjiang.
Anche se la capacità del blocco di agire sulle minacce che colpiscono la vita quotidiana dei suoi cittadini è stata messa in discussione dal lento, pasticciato e caotico lancio dei vaccini, esistono diverse strade per uscire dalla crisi. Gli europei vedono ancora come un valore l’appartenenza del loro paese alla UE, ma è una benzina che non basterà in eterno.
L’approvazione da parte della Commissione la scorsa settimana dei primi tre piani nazionali nell’ambito del fondo da 800 miliardi di euro è stato un passo avanti. Ma il calo di fiducia nelle istituzioni e nella leadership della UE indica che non ci saranno seconde possibilità.
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