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Ho incontrato una no vax

Autore: Ester Annetta
Qualche giorno fa, di ritorno dalla passeggiata mattutina con Frost - l’esuberante cucciolo di husky che è ormai diventato membro della famiglia – ho incontrato Federica, una simpatica mia coetanea che conosco da diversi anni, dai tempi in cui il mio primogenito, ormai adulto, e sua figlia andavano insieme allo stesso asilo.

Per diverso tempo ci siamo frequentate con una certa regolarità; poi, lentamente, ci siamo perse di vista come inevitabilmente accade quando, cambiando i percorsi e le scelte dei figli, certe relazioni costituitesi per il loro tramite finiscono per allentarsi.

Tuttavia capita a volte di incontrarci al parco, durante quelle camminate veloci “salvavita” che pare siano un impegno comune di noi 50enniepiù. Ci aggiorniamo, allora, sulle novità che riguardano lavoro, figli, conoscenze comuni oppure ci si confronta su qualche argomento che prenda spunto da un tema in cui la conversazione è scivolata.

Non l’avevo più incontrata – come mentalmente ho poi calcolato – da prima del lockdown: circa due anni fa, quindi. Perciò, è stato spontaneo per entrambe nel trovarci l’una di fronte all’altra concederci un lungo abbraccio. Nel mentre che la stringevo mi è venuto spontaneo ripetere quella frase - divenuta ormai di rito – cui si ricorre per legittimare comportamenti che tuttora si ritengono incauti: “Tanto sono vaccinata!”.

L’ho sentita immediatamente irrigidirsi; i suoi grandi occhi chiari sono diventati improvvisamente glaciali e ha esclamato, con una certa stizza: “ecco un’altra pecora!”

Da lì la possibile conversazione si è trasformata in un monologo in cui ho sentito srotolare ad uno ad uno tutti gli argomenti che fanno da fondamenta alle convinzioni dei No Vax.

Nell’ordine, ci sono stati:
  • il principio dei principi, secondo cui “il Covid non esiste, è solo un’influenza curata male” (e qui la replica spetterebbe a qualcuno che conosco, un sopravvissuto alle terapie intensive, se solo non fosse reso muto, ancora oggi, a distanza di mesi, da un foro aperto nella trachea che gli funge da canale respiratorio d’emergenza);
  • la sua diretta implicazione: “il vaccino non è un vaccino”;
  • la profezia: “li vedrete, tra un po’ di tempo, gli effetti! non capite che vi stanno usando come cavie?;
  • l’accusa: “i medici e i virologi sono servi del sistema”;
  • il complotto: “siamo in mano ai politici ed alle classi dirigenti che fanno gli interessi dei Big Pharma”;
  • la rivolta: “questa è una dittatura sanitaria che ci priva delle nostre fondamentali libertà costituzionalmente garantite”.

Insomma, mancava solo che aggiungesse – come del resto sostiene una buona frangia di No Vax – che tramite il vaccino o i tamponi si infilano dei microchip nell’organismo al fine di consentire il controllo sulla popolazione mondiale.

E forse l’avrebbe detto, se non l’avessi interrotta rispondendo alla sua veemenza mista a saccenza con un sorriso di circostanza ed un: “Non mi pare questa la sede (il grande espositore di frutta, ortaggi e verdura del fruttivendolo davanti alla cui entrata ci eravamo fermate) per affrontare l’argomento. Del resto non crederai di convincermi! Meglio cambiare discorso. Come sta Francesca? Lavora?”.

Ha replicato allora al mio sorriso con un altro che sapeva un po’ di compassione, come se stesse biasimando la mia dabbenaggine e si rammaricasse di non averle consentito di mettermi a conto di segreti e verità nascoste, oltre che di conoscenze scientifiche divenute evidentemente appannaggio esclusivo dei No Vax, anche se sono impiegati di banca come lei.

Rispetto le idee di tutti, anche quando divergono radicalmente dalle mie, che non pretendo dunque di imporre. Riconosco, perciò, e accetto che possa esserci una varietà di pensiero e di convinzioni.

Ciò che però non tollero è l’arroganza di coloro che, forti dell’appartenenza ad un movimento che recluta numerosi adepti, si ergano a custodi della ragione e detentori della verità, accusando di sottomissione, asservimento, incapacità di discernimento chi abbia idee divergenti dalle proprie, senza rendersi conto che pure la loro propaganda e le loro argomentazioni sono talmente omologate da averli resi “pecore” a loro volta.

Nemmeno io ho la pretesa di ritenermi paladina della verità e dispensatrice di saggezza, e mi capita spesso, anzi, di passare per la diffidenza prima di arrivare ad un giusto convincimento. Credo tuttavia che, ad agire con maggiore obiettività, tanti abbagli si eviterebbero; che ove vi fosse reale unità di intenti e collaborazione non sarebbe necessario ricorrere all’imposizione e che l’utilità ed il benessere comuni, visti come priorità, porterebbero a seguire un’unica linea d’azione cui non sarebbe necessario il sostegno d’una impalcatura fatta d’obblighi e sanzioni, impedendosi così sul nascere il pericolo che si scambi per dittatura ciò che invece è soltanto buon senso.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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