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I fuori legge

Autore: Ester Annetta
Da un lato c’è una vera e propria corsa agli armamenti, una gara di ‘solidarietà balistica’ che spinge vari governi a sostenere col proprio contributo di armi e mezzi militari la guerra russo-ucraina. Ed è la posizione eletta, quella che cattura maggiori attenzioni favorendo l’alimentarsi del confronto mediatico e politico sul vantaggio o lo svantaggio di contribuire con un tal genere di ‘aiuto’ al conflitto.

Dall’altro, c’è la voce più flebile e pressoché inascoltata degli obiettori di coscienza, relegata a comparsa di fondo, che tenta invano di avanzare per farsi udire da una platea sorda e distratta.

Nel mezzo c’è una curiosa coincidenza di vicende, in cui questi due lembi di “diversa umanità” si sono paradossalmente avvicinati pur restando disuniti, come una cerniera smagliata.

Tutto è capitato alla fine del mese scorso, quando, con sorprendente convergenza temporale, è accaduto che l’armata Wagner marciasse verso Mosca tra l’esaltazione e il tifo proveniente da differenti parti nel mentre che il Movimento degli obiettori di coscienza veniva ufficialmente dichiarato dalle Autorità come “agente straniero” nella Federazione Russa.

Ma solo la prima notizia ha catturato l’attenzione planetaria; l’altra è rimasta invisibile, ignorata dai governi e degli organi di informazione internazionali.

Strano controsenso, che si esalti la guerra e si tifi per la pericolosa avanzata di mercenari - pronti all’attacco o alla ritirata a seconda del piatto più sostanzioso offerto – mentre si soffochi la voce di chi dice basta!

Ecco, di questo si tratta: una dialettica impari tra il linguaggio delle armi e quello di chi le armi le rinnega, un duello altrettanto sbilanciato tra le ragioni della guerra e quelle della pace.

Su un campo di battaglia dove ormai sembrano proliferare soltanto i primi, sorretti da una insana partecipazione di governi e istituzioni straniere, il coraggio e la forza di rifiutare la guerra resta soltanto alla minoranza degli obiettori di coscienza e dei disertori. Perciò bisogna silenziarli, bandirli ed annientarli, affinché si impedisca quel lento e sottile lavorio di tarlo che tenta di instillare nella coscienza collettiva la forza di un appello che già fu di Gandhi: “o l’umanità distruggerà gli armamenti, o gli armamenti distruggeranno l’umanità”.

In un breve documento rivolto alle organizzazioni internazionali – tra cui pure il Movimento Nonviolento italiano – il Movimento degli obiettori di coscienza russi (che raccoglie anche disertori russi, ucraini e bielorussi) ha scritto: “Da venerdì scorso, 23 giugno, il Movimento degli obiettori di coscienza è stato ufficialmente dichiarato dalle Autorità come “agente straniero” nella Federazione Russa. Il Ministero della Giustizia ci accusa di aver diffuso informazioni ritenute false sulle azioni, le decisioni e le politiche del governo, oltre a opporci alle azioni militari della Russia in Ucraina. Per l’attuale governo della Federazione Russa queste accuse sono sufficienti a giustificare la messa fuori legge della nostra organizzazione. Questo fatto, pur essendo una dimostrazione dell’efficacia del nostro lavoro, è anche fondamentalmente un’applicazione discriminatoria della legge che calpesta i diritti umani e le libertà universalmente accettate.”

Silenzio. Da parte delle istituzioni europee la risposta è stata il silenzio.

Soltanto le reti internazionali EBCO (’Ufficio Europeo per l’Obiezione di Coscienza) e WRI, (War Resisters’ International), di cui il Movimento Nonviolento fa parte, si sono esposte con una dichiarazione congiunta di solidarietà internazionale: “Questa azione è un’altra palese violazione dei diritti umani, un’applicazione discriminatoria della legge che contraddice i diritti umani e le libertà universalmente accettati (…) Il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare è insito nel diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione, garantito dall’articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), che è inderogabile anche in un momento di emergenza pubblica (…) L’obiezione di coscienza è un contributo tangibile alla pace; pertanto, la tutela di questo diritto umano è ancora più cruciale in tempo di guerra. Questo vale anche per la guerra in corso in Ucraina, dove sia la Russia che l’Ucraina violano palesemente questo diritto”.

Qualcuno ha acutamente notato che l’appello del Movimento degli obiettori di coscienza russi è giunto in Italia nel giorno dell’anniversario della morte di don Lorenzo Milani, che nel 1966 venne processato e condannato per il reato di apologia e incitamento alla diserzione e alla disobbedienza civile. La sua colpa era stata quella di aver scritto una lettera indirizzata ai cappellani militari con cui aveva difeso l’obiezione di coscienza al servizio militare e il dovere della disobbedienza a ordini sbagliati. Una provocazione che, nel pieno della guerra fredda, non poteva restare impunita. Don Milani si era difeso con una ‘Lettera ai giudici’ (che sarebbe poi diventata uno dei ‘vangeli’ del’68 italiano) in cui aveva scritto “l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni”.

Non servì. La pena inflittagli si estinse solo per il sopraggiungere della sua morte, il 26 giugno del 1967.

Occorrerebbe metterli insieme questi vari frammenti di residua umanità; ricucire insieme tra loro ogni istanza che induca al buon senso ed alla pace; ascoltare le tante voci cui invece, sciaguratamente, si replica soltanto il silenzio. Perché è solo se si smette di fare il tifo per la guerra, se si sceglie di offrire a chi combatte un sostegno diverso dalla fornitura di armi, se non passano sotto traccia l’impegno ed il sacrificio di chi si oppone ad un dovere d’obbedienza che implichi il loro uso che l’umanità tutta potrà vivere – non sopravvivere – in un mondo più degnamente evoluto.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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