Montescudaio è un comune in provincia di Pisa, abitato da circa duemila anime.
È stato tra i comuni fondatori dell’Associazione nazionale Città del Vino, fa parte delle associazioni nazionali Città del Pane e Città dell’Olio, ed è inoltre inserito nel novero dei Borghi più belli d’Italia.
Ma ciò che, su tutto, lo rende un luogo speciale, è un progetto nato nel 2020 ad opera di un suo cittadino: l’artista Stefano Tonelli.
Durante il lockdown, rimasto isolato nel borgo come tutti, Stefano una sera, durante la consueta passeggiata con il suo cane, ha avuto un’ispirazione. Il suo sguardo si è soffermato sugli sportelli di legno o metallo delle utenze, posti sui muri delle case. Avevano il formato di un quadro, ma nessuno li guardava, specie in quella desolazione e in quel silenzio che erano stati imposti dalla pandemia. «Mi hanno colpito questi sportelli come immagine degli ultimi, quelli che non guarda nessuno – ha raccontato lui stesso - l'idea ha scelto me, mi è come saltata addosso per chiedermi di fare qualcosa».
Perciò Stefano si è rivolto al suo Comune, sottoponendogli la sua idea: dipingere su quegli sportelli dei volti, alcuni tratti appena, ma senza sorriso. Solo il contorno del viso, gli occhi, un accenno di naso, orecchie e capelli, tutto in bianco e nero. Il resto, la bocca, sarebbe dovuta restare nascosta - come imponeva l’uso della mascherina in quel triste momento – e perciò il sorriso doveva rimanere sospeso, in attesa che il peggio passasse e potesse di nuovo tornare ad illuminare e completare quei volti.
Il Comune ha accolto il progetto come un simbolo di speranza e ha dato il via libera a Stefano, che dunque ha messo in atto la sua impresa. Ha dipinto 300 sportelli, realizzando una vera e propria galleria d’arte diffusa a cielo aperto, che oggi riempie d’orgoglio ogni concittadino, specie chi ha avuto l’onore di ospitare un “Volto in attesa di sorriso” (questo il titolo del progetto) sulla facciata della propria casa.
I sorrisi arriveranno, pensava Stefano. Ma, nell’attesa, quei volti sarebbero stati un invito a “restare umani”, a non congelare le emozioni ed i sentimenti come preteso dall’isolamento che reprime la socialità.
Le ondate pandemiche si sono susseguite, il virus è mutato, l’emergenza è rimasta ancora anche quando è terminata la segregazione. E quando tutto sembrava essere passato, è arrivato altro: la crisi energetica, la crisi climatica, la recessione economica e, soprattutto, la guerra in Ucraina.
La bellezza del sorriso atteso sarebbe stata in contrasto con un quadro così drammatico; il tratto rosso della bocca che manca non poteva comparire in un tempo in cui il rosso è la tinta prevalente del sangue di vittime innocenti di un conflitto insensato.
Ma la speranza non può andare perduta.
Perciò Stefano ha ripiegato su una variante dell’originario progetto, affidando quella speranza ad un altro simbolo: i colori.
Il sorriso continua a restare in attesa, ma intanto le forme dei visi, durante l’estate appena trascorsa, sono state riprese con pennellate variopinte che le illuminano – “perché questo tempo oscuro possa presto ritornare a prendere colore” - anche se non sono ancora sufficienti a “riportarli in vita”.
Per farlo manca ancora quel tratto finale, quella curva all’insù che un’altra guerra frattanto riesplosa continua ancora a ricacciare indietro.
Questo è, su tutti, il simbolo più forte che marca il perdurare di una condizione in cui l’anelito del cambiamento è diventato un’urgenza non più differibile; in cui l’attesa di un tempo migliore non è più soltanto di un popolo ma del mondo intero; in cui la mancanza del sorriso rischia di diventare la connotazione di una specie sempre più priva di umanità.
Bisogna impedire che l’attesa di quei volti resti infinita.