“Liquido”, usato come sinonimo di fungibile, interscambiabile, mobile, è un termine diventato di largo uso negli ultimi anni.
In questa accezione è stato impiegato per la prima volta dal filosofo polacco Zygmunt Bauman che, nell’analizzare il passaggio dalla modernità alla postmodernità (con tutte le questioni etiche conseguenti) le ha paragonate, rispettivamente, allo stato solido e liquido della società: mentre nell’età moderna tutto era dato come solido e stabile, ai giorni nostri, nell’era postmoderna, ogni aspetto della vita si presenta volatile, incerto, e quindi rimodellabile e adattabile artificialmente. E così è “liquida” l’esistenza, sempre più frenetica e costretta ad adeguarsi agli schemi di volta in volta richiesti; sono “liquide” le relazioni umane, sempre più precarie o usa e getta.
Più o meno in coincidenza della nascita di questo parametro sociologico, la giurisprudenza ha coniato il principio della “ragione più liquida”, che negli ultimi anni – sebbene non codificato - è stato accolto in misura sempre crescente tanto nei procedimenti civili che penali, sia dalla giurisprudenza di merito che di legittimità.
Tutto ha avuto inizio nel 2014, quando le Sezioni Unite della Cassazione, con due sentenze gemelle (nn. 26242 e 26243), si sono soffermate sui ”Limiti oggettivi del giudicato e l’ordine logico delle questioni”: in sostanza si sono domandate se una sentenza che decide un caso accogliendo una delle motivazioni poste dalla parte a fondamento delle proprie pretese “assorbe” anche le altre, che quindi devono intendersi decise e non più discutibili.
Senza indugiare nell’ulteriore illustrazione dei contenuti di quelle pronunce (che, tra l’altro, si sono prioritariamente espresse – come accennato - in relazione all’ordine delle questioni, concludendo che il giudice deve procedere dapprima all’esame di quelle pregiudiziali per poi curarsi di quelle di merito della causa), l’orientamento espresso dalla Cassazione ha tenuto in considerazione - con riguardo alle sole questioni di merito - le esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio (come statuite dall’art. 111 della Costituzione), concludendo, appunto, per l’adozione del “principio della ragione più liquida”. In base ad esso, dunque, la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, dovendosi privilegiare la soluzione che appaia migliore sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica. Ciò significa “sostituire il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c.” (così, da ultimo, Cass. - Sez. V- ord. n. 363/2019).
Spostandoci sul piano concreto, c’è una recentissima pronuncia del Giudice di Pace di Pinerolo (sent. n. 173/2022) che si è basata sul principio testé illustrato per la definizione di un ricorso con cui veniva contestata una sanzione amministrativa per superamento dei limiti di velocità rilevato da un autovelox.
L’autore dell’infrazione aveva impugnato il verbale elevato dalla Polizia locale per violazione dell’'art.142 del Codice della Strada (eccesso di velocità) adducendo a fondamento della sua nullità diverse ragioni: la mancata omologazione dell'autovelox; la mancata segnalazione di preavviso; l'assenza di prove fotografiche; la violazione dell'art. 4 del DL n. 121/2002 e la mancata indicazione nel verbale del decreto del Prefetto con cui era stato autorizzato il rilevamento automatico della velocità nel tratto di strada in cui era stata commessa la violazione.
Ma il Giudice di Pace ha rilevato che tra tutti gli argomenti addotti, uno su tutti era decisivo per la definizione della causa con assorbimento di tutti gli altri, secondo il principio – appunto – della "ragione più liquida".
Nel caso di specie, essa è stata identificata nella violazione della normativa di cui all'art. 4 del DL n. 121/2002, cioè quella relativa ai requisiti strutturali che devono caratterizzare il tratto stradale che l'ente locale decide di sottoporre al controllo automatizzato. A riguardo, in base all’art. 2 comma 3 lett. b) del Codice della Strada, per le strade extraurbane principali è stabilito che esse debbano presentare le seguenti caratteristiche minime: "strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia e banchina pavimentata a destra, priva di intersezioni a raso, con accessi alle proprietà laterali coordinati, contraddistinta dagli appositi segnali di inizio e fine, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore; per eventuali altre categorie di utenti devono essere previsti opportuni spazi. Deve essere attrezzata con apposite aree di servizio, che comprendano spazi per la sosta, con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione."
Poiché dalla documentazione prodotta dal Comune di Pinerolo è emerso che, nel tratto di strada su cui è stata commessa la violazione, non c’era banchina pavimentata a destra nè segnali di inizio e di fine, per il Giudice tale assenza "rende la strada non rispondente ai requisiti strutturali indefettibili che il tratto stradale deve presentare per essere sottoposto al controllo con sistema automatizzato", con la conseguenza che essa debba classificarsi come extraurbana secondaria (su cui l’installazione dell’autovelox non è consentita).
Il verbale è stato quindi annullato, con buona pace del trasgressore e della “ragione liquida” – sperando che non fosse alcool! - che lo ha indotto all’imprudenza.