Sulla stampa americana, dopo mesi di silenzio, sono tornate le immagini di Donald Trump, l’ex presidente di cui si sarebbe quasi persa ogni traccia, se non fosse per la manovra di accerchiamento della giustizia americana, rimasta per quattro anni in paziente in attesa di poter procedere con alcune inchieste assai scomode.
In fondo, a Trump l’avevano giurata in tanti, e se nei quattro anni di presidenza era riuscito a respingere, boicottare e posticipare, così non è più da quando è tornato ad essere un semplice cittadino americano. Negli ultimi giorni, le notizie che ruotano intorno al nome di Trump sono tante, e forse una peggiore dell’altra.
Lunedì la presidente della Camera Nancy Pelosi ha annunciato la nascita di una commissione a cui è stato assegnato il compito di indagare a fondo sull’assalto al Campidoglio dello scorso 6 gennaio, fomentato da un presidente barricato alla Casa Bianca e incapace di accettare i risultati delle urne. Nel frattempo diversi nuovi libri-rivelazione stanno per aggiungersi a quella che ormai è una vera collana dedicata al presidente più discusso della storia americana, questa volta pare per raccontare la minaccia autocratica sfiorata dagli Stati Uniti.
Ma la nota più grave di tutti è l’incontro fra gli avvocati dell’ex presidente e i procuratori, ultimo sforzo per tentare di evitare accuse penali che potrebbero colpire al cuore la “Trump Organization” e il suo guru finanziario, Allen Weisselberg, contro cui il procuratore di Manhattan sarebbe ormai prossimo a presentare le accuse. Il rischio che Eric Trump, uno dei due fiduciari insieme a Weisselberg, sia il primo della famiglia a rischiare di finire in guai grossi. A margine dell’incontro, Trump ha parlato di una squadra di governo “maleducata, cattiva e prevenuta” contro di lui, mossa dal desiderio di distruggere la sua immagine e il movimento “Make America Great Again”.
Ma il “faldone” sul caso Trump è assai corposo: più di tre milioni di pagine di documenti e otto anni di dichiarazioni dei redditi da analizzare. Con il sospetto che i Trump fossero diventati veri maghi nell’arte di gonfiare e sgonfiare i valori delle proprietà di famiglia modulandolo in base a chi avevano davanti: in caso di rialzo del quasi certamente una banca, per ottenere un fido, mentre se le quotazioni puntavano verso il basso l’interlocutore era il fisco americano. C’è poi la questione mai chiarita del tutto di Karen McDougal e Stormy Daniels, rispettivamente ex miss ed ex pornostar, entrambe pagate sottobanco per mantenere il silenzio su altrettanti notti di fuoco nel mezzo della campagna elettorale del 2016.
Con un carico simile, gli analisti politici americani sprecano pagine e pagine di quotidiani per chiedersi se un ex presidente due volte vicino all’impeachment, che ha sempre interpretato a proprio vantaggio la legge disdegnando la verità e ignorando la vergogna, pagherà mai un prezzo per tutto questo. Un problema considerato molto più profondo dello stesso ritorno di Trump su palco, in Ohio, qualche sera fa, accompagnato da un’accoglienza entusiasta che l’ha portato ancora una volta a promettere altri quattro anni della sua presenza, nel 2024.
È la dimostrazione che forse non esiste indagine che possa intaccare il suo culto della personalità e un ego ipertrofico. Eppure, secondo gli esperti, il suo comportamento incontrollato ha contribuito a devastare il voto repubblicano in stati da sempre in bilico come Michigan, Arizona e Pennsylvania. Ma ogni volta che ricompare in pubblico, ormai raramente, l’ex presidente riprende esattamente da dove aveva smesso la volta precedente: il voto truccato come prova di una cospirazione dell’establishment contro di lui, “la più grande caccia alle streghe nella storia americana”.
Parole che spiegano quanto il processo guarigione dal trauma della presidenza Trump sia solo all’inizio, e potenzialmente ancora capace di sconvolgere il fragile equilibrio politico dell’America.
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