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L'inconoscibilità del reale

Autore: Ester Annetta
Gary Lineker e Claudio Anastasio non hanno assolutamente alcunché in comune.

Il primo è tuttavia senza dubbio più noto dell’altro, quanto meno per via dei suoi trascorsi calcistici che l’hanno collocato nell’olimpo dei più forti, apprezzati e popolari giocatori, sia della Nazionale britannica che di altre squadre.

Il secondo è, più modestamente, una recluta del nuovo governo italiano, collocato al vertice del Consiglio di Amministrazione della “3-I”, società pubblica che si occupa della gestione dei software impiegati da Inps, Istat e Inail.

Eppure, molto di recente, è accaduto qualcosa che li ha curiosamente accostati, sebbene le rispettive vicende si siano svolte e concluse con un criterio di “inversa proporzionalità” che, se da un lato è apparso certamente apprezzabile quanto all’esito finale, dall’altro ha messo in rilievo come tra il mondo anglosassone e quello italiano (ma non è certo il solo caso) diversi siano il tipo di responsabilità e l’iniziativa con cui la politica affronta e tratta alcune vicende. Il tutto a vantaggio o meno della coerenza che ci si aspetterebbe nella loro gestione.

Gary Lineker, da quando è andato in pensione come calciatore, ha continuato a cibarsi di calcio - e non solo - ponendosi alla conduzione di una nota trasmissione sportiva (Match of the Day) trasmessa dalla BBC.

Ebbene, qualche giorno fa il noto conduttore, dal proprio profilo personale (dunque non come portavoce del suo programma) ha lanciato un tweet contro la nuova proposta di legge di contrasto all’immigrazione irregolare presentata alla Camera dal ministro dell’Interno britannico Suella Braverman (membro del partito conservatore), che, peraltro, per una strana dicotomia ideologica, è figlia di genitori entrambi di origine indiana, emigrati in Gran Bretagna negli anni '60 rispettivamente dal Kenya e dalle Mauritius.

La proposta prevederebbe che chiunque entri irregolarmente nel Regno Unito venga prima messo in stato di fermo e poi espulso, per essere rimandato nel suo paese d’origine o in un «terzo paese sicuro». Inoltre essa impedirebbe a chiunque entri irregolarmente in territorio inglese di appellarsi alle leggi britanniche contro la schiavitù e la tratta di esseri umani (che in alcuni casi consentirebbero invece di ottenere accoglienza) e rimanderebbe ad un momento successivo all’espulsone – e dunque in assenza del soggetto che l’ha presentata – l’esame della richiesta d’asilo.

Nel suo tweet Lineker ha paragonato il linguaggio impiegato dalla proposta di legge (contro la quale, tra l’altro, si è subito mossa la contestazione di diverse organizzazioni per i diritti umani, giacché non rispetterebbe le norme internazionali sul diritto d’asilo) per parlare dei richiedenti asilo a quello «usato dalla Germania degli anni ’30».

Il commento gli è costato caro, giacché tempestivamente è stato rimosso dalla trasmissione condotta, che, conseguentemente, è stata sospesa.

Le reazioni dei suoi colleghi di programma (ma non solo) è stata immediata e solidale: si sono autosospesi a loro volta inducendo la BBC a dover completamente sovvertire il suo palinsesto.

Sicché il direttore generale della BBC – pur ribadendo che la decisione della sospensione del conduttore non era stata facile ma aveva risposto tuttavia ad un criterio di proporzionalità – si è visto costretto a reintegrare Lineker, annunciando tra l’altro una revisione dei regolamenti sull’uso dei social network da parte di chi lavora per BBC.

Analogo coraggio è invece mancato al nostro governo che ha lasciato che fosse lo stesso presidente Anastasio – improvvido autore di un messaggio di ben altro tenore e di malcelata matrice ideologica – a rassegnare le proprie irrevocabili dimissioni piuttosto che intervenire direttamente e fermamente come forse sarebbe stato opportuno.

Il testo che, a inizio settimana, il presidente del Consiglio d’Amministrazione ha pensato di inviare agli altri componenti dell’organo per illustrare compiti e ruolo della sua funzione, riprendeva, con una minima parafrasi, quello con cui Mussolini nel 1925 aveva rivendicato la responsabilità politica del delitto Matteotti.

Una scelta evidentemente infelice e fuori luogo che – al di là d’ogni altro commento – non può non indurre a seri interrogativi sulle intelligenze, prima ancora che sulle capacità, di certi personaggi di potere.

C’è da sperare che non difetti la coerenza e che, sulle conseguenze dello scivolone, non intervenga nelle prossime ore un qualche “condono” che scagioni lo sprovveduto dalla sua inopportunità, restituendolo al suo incarico.

Ma se così non fosse, probabilmente nemmeno ci si sorprenderebbe più di tanto. La vicenda finirebbe nel mazzo insieme a tante altre “figurine” già collezinate: quella di un sottosegretario che propone l’insegnamento del tiro a volo nelle scuole; quella di un ministro dell’istruzione che minaccia una preside per aver impartito una limpida e semplice lezione sul fascismo ai propri studenti; quella di un ministro degli interni che etichetta come vocazione alla partenza il dramma di migliaia di disperati costretti a sfuggire da guerre, violenze e persecuzioni.

Così è (se vi pare).
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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