Sulla prima pagina del loro sito, sotto un titolo che recita “A causa delle troppe emissioni stiamo andando verso…” un cursore scrive e riscrive un seguito che non per tutti è ancora evidente: un collasso eco-climatico, mancanza di cibo, la sesta estinzione di massa, un suicidio collettivo, un aumento delle temperature, l’inferno climatico, un futuro di alluvioni, ondate di calore che uccidono, epidemie sempre più frequenti, un futuro segnato da carestie, un futuro di siccità.
Poco sotto, la loro “carta d’identità”, che suona ancora più cupa e drammatica di quelle frasi che scorrono riscrivendosi continuamente: “Siamo l’Ultima Generazione che può agire concretamente per bloccare tutto questo e garantire un futuro.”
Leggo e rileggo e intanto mi appaiono i volti giovani di quei ragazzi che hanno deciso di battersi per non darla vinta ad un destino annunciato. E lo fanno nel modo più saggio e potenzialmente più efficace: compiendo azioni di disobbedienza civile nonviolenta. Il blocco stradale sul Grande Raccordo Anulare di Roma; il blocco del traforo del Monte Bianco e del ponte per Venezia; la protesta davanti al Teatro alla Scala alla prima della stagione in corso; le mani incollate al vetro di protezione della Primavera di Botticelli alla Galleria degli Uffizi; infine, in ordine di tempo, la vernice arancione, spruzzata sul muro e sul portone di Palazzo Madama, in un giorno che non prevedeva lavori del Senato.
Azioni forti, denunce gravi e pungenti, come quella che, ad esempio, ha accompagnato la protesta agli Uffizi: “…Al giorno d’oggi è possibile vedere una primavera bella come questa? Incendi, crisi alimentare e siccità lo rendono sempre più difficile…”
Anche sull’ultimo gesto compiuto - l’imbrattamento del palazzo del Senato –, puntualizzato che esso non ha comportato alcun danneggiamento, essendo stata impiegata vernice lavabile, presto rimossa - il monito lanciato dai ragazzi dell’Ultima Generazione è stato lapidario: “Il Senato agisca per contrastare il collasso eco-climatico invece che lavarsi dalla vernice”.
Sorprende, perciò, l’evidenza che ad esser sordi a tali, decisi, richiami lanciati dai giovani attivisti sembrano essere un po’ tutti e non solo le istituzioni. Di fronte alle loro azioni, la condanna è immediata pressoché da ogni parte. Tutti i politici di tutti i partiti li accusano di “vandalismo", etichettano come "stupido" e "vigliacco" il loro gesto; parlano di "intimidazione" e "violenza", sollecitando la necessità di "una pena esemplare".
Mi domando, dunque, se al di là di queste accuse, facili ai consensi, ci sia poi anche una minima presa di coscienza (e di considerazione) di quanto con quei gesti condannati si intende reclamare. L’unanimità della condanna rappresenta un raro se non unico caso di accordo da parte di una politica che ha evidentemente convenienza nel soffermarsi solo sull’apparenza del gesto, sulla sua fisicità, per nulla affacciandosi al di sopra del suo significato. Forse perché ciò consente di distogliere l’attenzione dalla necessità che la reclamata reazione da parte delle istituzioni si manifesti, che si mettano in campo interventi concreti validi a contrastare la disfatta verso cui il pianeta sembra avviato, che alle ragioni di quelle proteste e non solo ai gesti che le accompagnano sia volto l’interesse.
Allora fa decisamente sorridere che proprio quella stessa politica che da anni predica di avere al centro della propria agenda l’ambiente ed il clima, mentre poi in concreto nulla fa, abbia l’ardire di condannare le modalità con cui l’Ultima Generazione tenta di sollecitarne l’azione, senza nemmeno prestare ascolto alle sue semplici - ma importantissime - richieste:
- 1. interrompere immediatamente la riapertura delle centrali a carbone dismesse e cancellare il progetto di nuove trivellazioni per la ricerca ed estrazione di gas naturale;
- 2. procedere immediatamente a un incremento di energia solare ed eolica di almeno 20GW e creare migliaia di nuovi posti di lavoro nell’energia rinnovabile, aiutando gli operai dell’industria fossile a trovare impiego in mansioni più sostenibili.
In fondo alla pagina iniziale del loro sito, quei ragazzi riportano frasi emblematiche di alcuni grandi della Terra che si spendono (o si sono spesi) in battaglie per la salvezza e la libertà, di qualunque genere. Mi colpisce quella di Martin Luther King, premio Nobel per la Pace: “Una rivolta è in fondo il linguaggio di chi non viene ascoltato. La più grande tragedia di questi tempi, non è nel clamore chiassoso dei cattivi, ma nel silenzio spaventoso delle persone oneste.”
Ecco allora la riflessione che voglio condividere: non mi sento di associarmi alle critiche ed alle condanne scagliate contro l’“Ultima Generazione”. Non giudico inopportune e vandaliche le loro azioni. Non condivido le ragioni di chi, fermato dal blocco del GRA o del ponte per Venezia ha lamentato il proprio, individuale ed egoistico disagio nel vedersi ostacolato il tragitto per raggiungere il proprio posto di lavoro o qualunque altro luogo.
E proprio quest’ultima considerazione mi fa pensare che la questione sia, appunto, di “dimensioni”: solo ciò che viene avvertito come una minaccia diretta, mirata a sé stessi sollecita reazioni. Ma se la questione ha una portata maggiore, impercettibile nell’immediato e nell’ambito minuscolo e protetto del proprio orticello, allora è una non- questione.
Dico allora che l’indisponenza criticata ai cinque ragazzi che hanno imbrattato il Senato è forse il segnale che serviva, quello che - di rimando - ha a sua volta sottolineato un’inerzia protratta, mettendo a nudo le istituzioni davanti allo specchio della propria indolenza.
Ed esse non hanno saputo reggere il colpo. Più facile reprimere e condannare – addirittura pretendere di dettare tempi e modi della protesta - quando mancano strumenti d’azione.
È ciò che fanno i nani quando scoprono di non essere giganti: tentare di ridurre tutto alla loro statura, portarlo a tiro della propria difesa, svilendo, demolendo, fino a cadere nel paradosso di condonare aggressioni autentiche travestendole da lievi intemperanze e condannare, invece, gesti innocui di cui percepiscono la sotterranea, minacciosa e devastante portata.
Perciò, ragazzi, fate bene così.
“
Siate affamati, siate folli” (come avrebbe detto un altro grande) nel pretendere un mondo più vivibile, da lasciare in eredità ad altre generazioni dopo di voi, perché è dovere e speranza di tutti che la vostra non sia davvero l’Ultima.