25 febbraio 2023
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La narrazione di un anno di guerra

Autore: Ester Annetta
Si dice che in Ucraina la guerra fosse già iniziata nel febbraio 2014, quando, a seguito della cosiddetta “rivoluzione di Maidan” (che vide fronteggiarsi manifestanti contrari alla decisione del governo di sospendere l’Euromaidan - l’accordo di libero scambio tra Ucraina e Unione Europea – e le forze di sicurezza di Kiev), l’allora presidente Viktor Janukovyč si rifugiò in Russia, che prontamente colse la palla al balzo e, disconoscendo il nuovo governo provvisorio frattanto costituito in Ucraina, etichettò come colpo di stato la rivoluzione, accusando gli Stati Uniti e l'UE di averlo finanziato e diretto. Di conseguenza, decise di prendere il controllo della penisola di Crimea nel mentre che, dal canto suo, il governo ucraino reprimeva la ribellione delle repubbliche separatiste russofone e russofile.

Si dice pure che, in verità, il conflitto abbia avuto origini ancora più remote, coincidenti con l’implosione di tutte le relazioni internazionali seguita alla fine della “guerra fredda” e soprattutto risieda in quell’atteggiamento trionfale tenuto dall’Occidente – gli Stati Uniti in primis – che, come affermò il padre della perestrojka Mikhail Gorbaciov in un’intervista del ‘92, se ne dichiararono vincitori e, forti della loro arroganza, decisero di costruire un nuovo impero attraverso l’espansione della Nato. Una minaccia davanti alla quale la Russia non poteva a lungo rimanere inerte.

Tuttavia, è stato solo il 24 febbraio di un anno fa che la maschera è caduta e che la guerra si è infine chiaramente palesata ed affermata con tutta la sua crudeltà ed il suo carico di devastazione. Eppure, ancora, il suo promotore non scelse quel nome; la chiamò «operazione militare speciale», come se una diversa etichetta potesse bastare a giustificarla.

Si disse che sarebbe stata una sorta di “spedizione punitiva” risolutiva, destinata a durare solo pochi giorni; un intervento lampo finalizzato perlopiù ad indurre il mondo intero a prendere atto dell’espansione del dominio russo e quindi del nuovo assetto dei suoi confini.

Si disse che, in virtù della stizzita reazione del mondo occidentale che prontamente approntò la crociata delle sanzioni, il Pil russo sarebbe presto capitolato e l’economia sarebbe stata in breve spacciata: sarebbero crollate le vendite di petrolio e gas e, conseguentemente, si sarebbero interrotti i flussi finanziari che avrebbero potuto contribuire al finanziamento della guerra.

Invece, l’”operazione militare speciale” ha compiuto un anno da quando è iniziata e quel crollo economico che avrebbe dovuto mettere all’angolo la Russia non pare aver avuto un gran riscontro, giacché alcune tessere del quadro prospettato non sono andate ad incastrarsi dove avrebbero dovuto. Secondo gli studiosi del Bruegel Think Tank (l’organizzazione indipendente che analizza le politiche economiche con l’obiettivo di migliorarle) le ragioni sono facilmente individuabili, da un lato, nella marcata dipendenza dell’Europa dal gas russo, condizione che ha impedito di applicare integralmente le sanzioni alle esportazioni energetiche, limitandole solo all’8%; dall’altro, in una condotta di isolamento nei confronti della Russia adottata solo parzialmente, giacché di fatto solo USA ed Europa hanno condannato fermamente l’aggressione all’Ucraina mentre molti altri Paesi sono rimasti neutrali, ove non l’hanno addirittura appoggiata. Il che ha ovviamente impedito che rapporti commerciali e finanziari si interrompessero totalmente. A ciò si aggiunga che – com’era anche scontato – lo stesso governo russo è corso in sostegno dell'economia del Paese con interventi stabilizzanti.

Ad un anno da quel 24 febbraio 2022 a che punto è dunque la guerra? È possibile intravederne la fine o piuttosto si sta concludendo solo l’inizio di un seguito ancora imprevedibile?

Si è detto, in queste ultimi giorni, che la visita a sorpresa di Biden a Kiev più che sottolineare il pieno appoggio (e apporto di armi) degli USA all’Ucraina sia stata un’epifania che ha reso evidente che i reali nemici che stanno contrapponendosi sono la Russia e gli Stati Uniti.

Si è detto che l’annuncio di Putin di voler “sospendere la partecipazione” della Russia – senza perciò volerla ritirare – al trattato New Start di riduzione di armi nucleari, firmato proprio con gli USA nel 2010 e valido ancora fino al 2026, sia solo una minaccia (indiretta), rivolta a Biden, di far ricorso al nucleare, ma in fondo non sorretta da intenzioni reali; una sorta di infantile replica dispettosa ai paesi occidentali capitanati dall’America, cui Putin attribuisce la colpa di aver iniziato (indirettamente) la guerra.

Disse ancora Gorbaciov, sempre in quella intervista del ’92: “Al presidente Bush che ha ripetuto che gli Stati Uniti hanno vinto la guerra fredda, vorrei rispondere che, rimanendo per anni nel clima della guerra fredda, tutti hanno perduto. E oggi, quando il mondo ha saputo liberarsi di quel clima, tutti hanno vinto”. Ma quell’esito vittorioso, quell’equilibrio, non sono stati durevoli, come egli stesso amaramente osservava, giacché il seguito non è stato la costruzione di strategie di pace, ma piuttosto di nuove guerre, calde e fredde, tra due contendenti – sempre gli stessi! – che non hanno mai smesso di sentirsi reciprocamente minacciati e, all’occorrenza, rendersi minacciosi.

Se queste sono le premesse, allora è chiaro che l’orizzonte di una pace – che parrebbe non altrimenti raggiungibile che attraverso la guerra - come pure si è detto, con un inafferrabile controsenso – non è immaginabile, giacché il solo esito possibile sarà solo la vittoria dell’una o dell’altra parte.
Ma – come ha infine detto il Papa – “quella costruita sulle macerie, non sarà mai una vera vittoria".

E, nei fatti – al di là di tutti i “si dice”, “si disse”, “si è detto” – la vera narrazione di questa guerra è tutta qui: un anno di terrore, di distruzioni, di perdite di vite umane innocenti ed uno strazio infinito, che si spera rimorda prima o poi le coscienze di chi un tale prezzo nemmeno l’ha tenuto in conto nel bilancio della propria misera ed egoistica economia.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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