Gli effetti della recente trasferta europea del presidente americano Joe Biden iniziano a farsi sentire: la “Nato”, l’organizzazione internazionale per la collaborazione nel settore della difesa che lega gli Stati Uniti e 29 paesi europei, ha appena annunciato l’operazione “Diana”.
Non si tratta di una campagna militare con invio di truppe e mezzi, ma di un più raffinato progetto di ricerca di startup e nuove tecnologie per affinare la difesa in particolare verso i cyber attacchi lanciati da Russia e Cina.
L’operazione, illustrata alla stampa e dotata di un fondo pari a 70 milioni di dollari all’anno per un arco di 15 anni, è definita “un acceleratore di startup e imprese innovative” che agiscono in campi come l’intelligenza artificiale, i big data e i computer quantistici, ma con l’obiettivo di includere anche nel medio termine settori altamente strategici come la difesa spaziale, la bio-ingegneria i motori supersonici. Due le sedi operative di “Diana”, una in Europa e l’altra negli Stati Uniti, entrambe chiamate a scovare progetti e nuove soluzioni da aziende fidate, inserite in una speciale “white list” che, una volta individuate, saranno coperte dal massimo livello di segretezza per scongiurare fughe di notizie e spionaggio tecnologico.
Un bisogno di aggiornamento dei dispositivi di difesa sintetizzato da Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato: “Per decenni, gli alleati del Patto Atlantico hanno dominato la tecnologia, ora non è più così”. A gettare benzina sul fuoco anche il “Financial Times”, che in un’inchiesta ha ipotizzato da parte di Pechino un massiccio utilizzo dell’intelligenza artificiale per pianificare attacchi sempre più sofisticati. A fargli eco è arrivato anche il quotidiano “Politico”, che ha bollato come ormai “scarsi e obsoleti” gli equipaggiamenti a disposizione delle forze europee.
© Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata