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Le incertezze del grano

Autore: Rachele Pozzato
Dopo cinque lunghi mesi proprio ad agosto è di nuovo salpata dal porto di Odessa una nave con 26 mila tonnellate di grano. Dopo l’invasione russa del 24 febbraio, infatti, tutti i prodotti alimentari ucraini erano rimasti bloccati, con conseguenze sull’emergenza alimentare di tutto il mondo e sulle economie di molti Paesi, Italia compresa. Dopo settimane di trattative volute dalla Turchia, gestite da Onu, intercessioni internazionali come quella del premier Draghi, è arrivata una prima intesa sui corridoi per i cereali: “un giorno di sollievo per il mondo”, come lo ha definito il Ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba, che tuttavia per essere decisivo deve essere solo l’inizio.

Cosa prevede l’intesa- L’accordo raggiunto a Istanbul si compone in realtà di due distinte intese: una firmata da Mosca con le Nazioni Unite, una con la Turchia dal ministro delle infrastrutture ucraino. Le intese riguardano i porti di Odessa, Chwenomorsk e Pivdennyi e saranno valide per 120 giorni. Terminati i quali, se il conflitto non sarà cessato dovranno essere rinnovate. Le navi saranno condotte lungo corridoi sicuri e senza scorte militari ne imbarcazioni russe ad accompagnare quelle ucraine. Al ritorno, saranno poi sottoposte a ispezioni in un porto turco. Un accordo però già velato di scetticismo: a meno di 12 ore dall’intesa, infatti, le forze russe hanno attaccato il porto di Odessa, con minacce dal Cremlino di interrompere i corridoi “se non saranno rimossi gli ostacoli alle esportazioni agricole della Russia”.

L’iter della nave prevede, dopo la partenza da Odessa, uno stop a Istanbul dove un comitato quadripartito -con funzionari da Russia, Ucraina, Turchia e Onu - è incaricato dell’ispezione. Passati i controlli e accertatisi che il carico contenga solo materiali consentiti, la destinazione ultima prevista, in questo caso è il Libano.

Il peso del grano ucraino -Dopo questa prima, aspettano di lasciare il porto ucraino altre 16 navi. Anche una buona riuscita di queste prime spedizioni, tuttavia, si tratterebbe solo del 2% delle esportazioni annuali ucraine nei tempi prebellici. Lo 0,2% delle esportazioni mondiali. Pochissimo, se si considera che prima della crisi il grano ucraino era il quinto esportato nel mondo.

Già prima dell’accordo però, il grano era sceso di oltre il 35%. A giocare un ruolo centrale nel crollo del costo è stato il rallentamento della crescita mondiale, che suggerisce minori consumi futuri. Insieme agli ottimi raccolti degli altri grandi produttori ed esportatori di grano- USA, Russia ed Europa.

Cause altre dalla guerra - Sono settimane, dunque, in cui si registra un graduale ritorno a ritmi e livelli pre-invasione, che tuttavia si discostavano già a inizio febbraio dalle condizioni consuete. Già a inizio anno, infatti, il grano era arrivato a 800 $/bushel: decisamente meno del picco in piena guerra di 1300, ma anche decisamente meno – il doppio, circa – dei pressi del 2016. Un aumento causato da siccità sempre più frequente, colli di bottiglia logistici dopo i mesi di pandemia e lockdown, oltre a un’impennata dei costi di fertilizzanti ed energia. Cause, insomma, altre dalla guerra e che potrebbero continuare a influenzare i costi del grano, da cui così tanto dipende in tutto il mondo, nonostante intese, accordi o cessate il fuoco.
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