“The Chosen One”, il predestinato, è forse il soprannome più azzeccato fra quelli affibbiati a LeBron James, considerato uno fra i migliori cestisti di tutti i tempi. A “LBJ”, un altro dei suoi nomignoli, è appena riuscita un’impresa mostruosamente proibita: guadagnare un miliardo di dollari in un anno, 850 milioni di euro al cambio attuale, attraverso gli stipendi delle società del campionato “NBA” e le innumerevoli aziende con cui collabora o create da lui stesso medesimo.
Un’impresa simile finora era riuscita soltanto a Tiger Woods, Roger Federer, Lionel Messi, Floyd Mayweather e Cristiano Ronaldo. L’élite mondiali dello sport, autentiche macchine da soldi pagate anche solo per respirare, in cui LeBron rappresenta il primo cestista della storia a entrare: finora, l’impresa non era riuscita neanche a gente del calibro di Michael Jordan e Kobe Bryant.
La scalata di “King James” (terzo e ultimo soprannome, poi abbiamo finito), è stata ricostruita in modo dettagliato da “Sportico”, società specializzata nell’analisi dell’industria sportiva mondiale. Il colossale cestista di Akron, Ohio, 2,06 metri per 113 kg, ha messo al caldo circa 330 milioni di dollari come stipendi guadagnati passando dai Cleveland Cavaliers, la squadra di esordio, e subito dopo con i Miami Heat e i Los Angeles Lakers. Nulla, rispetto ai 700 milioni tirati su fra investimenti, sponsorizzazioni, licenze, merchandise e pubblicità a cui ha prestato il volto. Nel tempo, sapendo di dimenticarne qualcuna, se ne contano almeno una dozzina fra Nike, PepsiCo, Rimowa, Walmart, Sprite, Intel, Kia, AT&T e GMC, a cui aggiungere gli spiritosi spot girati per la catena di pizzerie “Blaze Pizza” e la partecipazione a “Space Jam 2”, sequel in uscita il prossimo settembre del primo episodio, datato 1996, in cui LeBron ha preso il ruolo che era stato di Michael Jordan. Nel calderone, come se ancora non bastasse, c’è ancora la quota che lo rende un’azionista del Liverpool, squadra inglese che nel 2019 ha vinto la Champions League e l’anno dopo la Premier inglese, portando nelle casse di LeBron altri 50 milioni di euro netti.
In effetti, The Chosen One ha sempre dimostrato fiuto e talento negli affari, una lungimiranza riversata nella “SpringHill Company”, la sua società di produzioni televisive e cinematografiche, affidata al socio Maverick Carter. Ma per un ragazzo dall’infanzia difficile, era impossibile non pensare anche al prossimo: attraverso la “The LeBron James Family Foundation” e la “I Promise School”, il giante dell’Ohio non lesina aiuti, finanziando programmi che si occupano dei bambini meno fortunati.
L’ultimo passaggio dell’irresistibile ascesa di LeBron, conclusa la carriera, si mormora possa essere la politica: profondamente ostile a Donald Trump, si è speso per l’elezione di Joe Biden. E cresce il numero di chi lo vedrebbe bene alla Casa Bianca.