23 maggio 2020

Piccoli e grandi gesti di solidarietà

Autore: Ester Annetta
Ora è il tempo della disillusione, quello in cui ci è dato testare e constatare che – contrariamente alle aspettative ed alle intenzioni - l’isolamento e la paura ingenerati dal virus forse non ci hanno affatto cambiati, non hanno smussato le nostre intemperanze e non ci hanno reso più disponibili verso i nostri simili.

Sembra, al contrario, che una sorta di diffuso e represso isterismo, forse cagionato dalla cattività, con la fine del lockdown abbia finalmente trovato uno spazio di sfogo, tornando a coincidere con vecchie consuetudini e modi d’essere o coniandone di nuovi: la gente ha ripreso a strombazzare i clacson e ad insultarsi appena scatta il verde al semaforo o, ergendosi a paladina della salute, si è autolegittimata a rimbrottare in malo modo chi non osservi le cautele del distanziamento o dell’uso di guanti e mascherine.

A ciò si aggiunge il malcontento e la preoccupazione di quanti, avendo visto azzerati i profitti delle loro attività o perso addirittura il lavoro, hanno ben poco da esser sereni e bendisposti nonostante la ripartenza, e dunque non perdono occasione per attaccare e protestare contro tutto e tutti, avendo di certo ben più evidenti i danni concreti causati dalla pandemia che non i suoi ideali benefici.

Tuttavia rincuorano alcuni esempi di solidarietà, attraverso i quali filtra la coscienza che, in fondo, qualcosa di buono lo abbiamo appreso, che la distanza fisica non ha significato anche distacco, perdita d’empatia o indifferenza, e che chi meno ha sofferto della crisi conseguente al fermo si è dimostrato pronto a soccorrere il bisogno altrui, con piccoli o grandi gesti.

Tra i tanti, mi viene in mente quello del tizio di Marsala, che, alla riapertura del bar di cui è cliente abituale, ha lasciato al gestore il resto di 50 euro con cui aveva pagato un caffè, dichiarando che fosse il minimo che poteva fare, ben consapevole delle conseguenze economiche di quella forzata inattività che a lui, dipendente pubblico, invece non aveva affatto nuociuto.

E, ancora, penso all’iniziativa denominata “1,2 e 3…” ideata da impiegati, dirigenti e direttori della Rai che hanno deciso di donare rispettivamente l'1, il 2 ed il 3 per cento del loro stipendio di maggio a sostegno delle aziende del mondo dello spettacolo e della cultura che, a causa del blocco, sono state messe in ginocchio, piegate dalla crisi: piccoli cinema, teatri, studi di montaggio, cooperative di artisti ed altre realtà del settore con modesti fatturati.

Ma su tutti vedo spiccare – anche se non nostrano - il gesto adulto di un adolescente che ha saputo dare un esempio non solo di grande solidarietà ma, prima ancora, di maturità, di profonda responsabilità e di integrità morale, a dispetto di quanti, anche in questo terribile e complicato frangente, non si sono fatti scrupolo di lucrare o speculare persino sulle disgrazie altrui.

Lui è Avi Schiffmann, diciassettenne americano dello Stato di Washington, che ha creato ncov2019.live, un sito per il tracciamento del coronavirus che ad oggi ha avuto oltre 700 milioni di visitatori.

Avi ha iniziato a programmare quando aveva solo sette anni, da autodidatta, seguendo tutorial visti su Youtube. Quando è venuto a conoscenza del Coronavirus, anziché pensare ad un programma di gioco con cui ammazzare il tempo - come avrebbero fatto i suoi coetanei - ha deciso di impegnarsi in qualcosa di utile, una fonte d’informazione, che, basandosi sulle comunicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e degli altri enti nazionali, potesse raccogliere dati da tutto il mondo sull’andamento del contagio, dividendoli per nazione, continente e stato ed aggiornandoli in tempo reale.

La sua piattaforma è immediatamente divenuta popolarissima e, di conseguenza, Avi ha iniziato a ricevere offerte per inserirvi pubblicità di privati, tra cui quella di un’azienda che gli ha offerto 8 milioni di dollari.

Il sogno di ricchezza di centinaia di youtuber ed influencer lo avrebbe avuto lì, a portata di mano, senz’esserselo neppure cercato; ma ad Avi non interessa: molti utenti internet in tutto il mondo non hanno connessioni abbastanza veloci, quindi l'aggiunta di annunci e pubblicità rallenterebbe ancora di più l’accesso di quei visitatori al suo sito.

Conservare l’agilità della fruizione delle informazioni offerte dal suo sito per lui conta più di quegli 8milioni di dollari di cui – dice candidamente – a 17 anni non sa cosa farsene. Sul sito di Avi compare, perciò, solo un pulsante rosso con la scritta “Buy me a coffee" (pagami un caffè), che lascia agli utenti la libertà di lasciare una piccola donazione.

Così, questo giovane e sapiente genio dell’informatica ha scelto di non cedere a lusinghe, di non lasciarsi abbagliare dal luccichio dei danari, di rendere un servigio all’intera popolazione mondiale senza cedere a compromessi, mantenendo la libertà di organizzare, gestire e rivedere il suo sito senza sottostare a vincoli, regole o condizionamenti. Le piccole donazioni che riceve e l’apprezzamento delle circa 30mila persone che ogni giorno seguono le sue informazioni sono una ricompensa più che adeguata.

Quali che siano i programmi (= progetti) futuri è certo che Avi, con questo programma (= applicazione informatica) ha già vinto, avendo con esso veicolato all’umanità il messaggio che l’integrità morale ed i valori possono essere molto più redditizi di qualunque compenso.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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