30 aprile 2022

Potrebbe interessarti anche:

Quotidiano
3 febbraio 2024

L’errore

Leggi l'articolo
Quotidiano
3 febbraio 2024

Esempi ed esemplari

Leggi l'articolo
Quotidiano
16 dicembre 2023

La danza della felicità

Leggi l'articolo
Quotidiano
20 gennaio 2024

Il peso delle parole

Leggi l'articolo
30 aprile 2022

Racconto italiano

Autore: Ester Annetta
Prologo

“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”

L’articolo 4 della Costituzione si articola così, identificando il lavoro come diritto e come dovere che la Repubblica (intesa in un’accezione più ampia rispetto a “Stato”, e dunque come raccordo tra collettività e pubblici poteri) deve attivarsi per promuovere e perseguire.

Il lavoro, inoltre, non è considerato soltanto come uno strumento attraverso il quale mettere a frutto le proprie capacità e sostentarsi, ma anche un mezzo di partecipazione attiva alla realizzazione della collettività.

Infine, secondo la norma, ogni cittadino ha la facoltà di scegliere l’occupazione che ritiene più confacente alle proprie inclinazioni e possibilità.

***

È una domenica di primavera, una di quelle che, a Bologna, conserva ancora lo strascico d’un autunno non ancora terminato, impedendo di riporre nell’armadio giacche pesanti e ombrelli.

Il mattino si è annunciato con una pioggia fitta e un vento pungente, che ha costretto i frequentatori – abituali e transitori - della “Piazza Grande” a tardare la loro uscita.

Più tardi, uno squarcio di sole si è fatto largo tra le nubi, disperdendole lentamente fino a riappropriarsi della scena. E così, sulla centralissima Via Indipendenza, preclusa al traffico e fitta di negozi disposti in fila sotto i portici, si sono riversate frotte di residenti e, soprattutto, di turisti favoriti da un 25 aprile che, cadendo di lunedì, ha concesso loro un week end più lungo.

Mi piace camminare tra la gente in un posto nuovo, osservare la vita che scorre intorno, attenta a distinguere la consuetudine dalla casualità; calibrare l’andatura dei passi, scrutare l’attenzione di chi, non conoscendo i luoghi, cerca di orientarsi e la curiosità dei passanti; ascoltare quei frammenti di conversazioni che, passando accanto ai dialoganti, si colgono nella loro parabola di tono e volume prima crescente e poi sfumante.

Cammino al centro della strada anziché su uno dei due lati: è la traiettoria ideale per avere una visuale più ampia, capace di raccogliere più spazio e più dettagli. E’ per questo che lo noto subito, quando non sono ancora abbastanza vicino.

Un uomo siede sul bordo del marciapiede, su una coperta, attorniato da tre bellissimi esemplari di labrador di manto diverso: nero, marrone e bianco. Accanto ha una ciotola di metallo, una busta di croccantini ed un cartello con una scritta. Sono ancora distante per poter leggere le parole, ma immagino sia una delle consuete richieste di aiuto che, ahimè, recano tutti i cartelli di chi, per un residuo di dignità o per vergogna, evita la voce per questuare.

Ma questo è diverso, come diverso è quell’uomo – un signore sulla cinquantina, composto e senza apparenza di degrado – che, chinando il capo ad ogni carezza fatta ad uno dei suoi cani o moneta che tintinna nella ciotola accanto, ringrazia gentilmente.

“Vecchio per la riassunzione”.

Questo recita il suo cartello.

Mi fermo, ancora un po’ distante, cogliendo l’evidente dissonanza di contesto che si trasforma ben presto in inquietudine: tutt’intorno sfilano sorrisi, risate, passi veloci e distratti, enormi buste cariche d’acquisti, shopper di Gamberini e Tamburini che rivelano scelte gastronomiche selezionate e costose, mentre quell’isola di solitudine e disperazione affoga nell’indifferenza pressoché generale.

Mi avvicino, mi chino ad accarezzare quei cani che mi annusano scodinzolando pur mantenendo la distanza tra me ed il padrone. La mia moneta cade discreta nella ciotola, perché forse provo più imbarazzo io nel darla che non l’uomo nel riceverla.

Vorrei fermarmi, dialogare con lui, fargli domande, chiedergli se ha famiglia e quale sia la sua storia; ma sono combattuta tra il dubbio di poter sembrare invadente e quello dell’inadeguatezza delle mie parole. Perciò gli auguro soltanto “buona fortuna” e, mentre faccio per andare, lui mi guarda e, col suo accento locale, risponde garbatamente: “Grazie, amica mia!”

Le nuvole si sono di nuovo addensate, ma stavolta sono solo sulla mia mente: la riempiono di interrogativi, di malinconia e d’angoscia.

Penso a tutte le persone che a causa della pandemia si trovano nelle stesse condizioni di quello sconosciuto, a quante di esse non hanno più avuto la possibilità di riciclarsi, adattandosi anche ai lavori più umili. Mi interrogo su quali altre siano state le conseguenze inguaribili del virus, quelle che hanno colpito la dignità, l’onore, la rispettabilità e l’identità stessa delle persone, senza il conforto e la speranza d’un vaccino risolutore; mi domando quali siano state davvero la portata e l’efficacia di quei ristori promessi o stanziati e cosa realmente siano arrivati a sanare; mi chiedo quanti abbiano dovuto rassegnarsi a scavarsi un giaciglio tra le macerie delle loro vite perché considerati troppo vecchi per ricostruirle.

***

Epilogo

Il diritto al lavoro non è un diritto perfetto, ossia “pretendibile” e, dunque, munito di tutela giuridica qualora venga leso o resti inattuato. Quando l’art. 4 della Costituzione dice che la Repubblica riconosce a ciascun cittadino il diritto al lavoro, non significa che garantisce in concreto il soddisfacimento di questo diritto, ma che si adopera per promuovere le condizioni che possano renderlo effettivo.

Si tratta di quello che il grande giuslavorista Pietro Ichino ha definito il “modo costituzionale” di intendere il diritto al lavoro, in contrapposto al “modo burocratico”, (vigente fino al 1997, che considerava il collocamento come monopolio statale e, perciò, il diritto al lavoro passava attraverso le graduatorie degli uffici di collocamento) e al “modo sindacale” (basato sull’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e dunque identificato col diritto alla conservazione del posto di lavoro).

Secondo tale modalità il diritto al lavoro è concepito come obiettivo che la Repubblica deve promuovere e a cui deve costantemente tendere, ed è anche quello “più serio e più impegnativo” poiché “non vi è modo migliore per garantire a tutti una opportunità di lavoro secondo le proprie capacità e la propria scelta che quello di un mercato del lavoro ben funzionante, fluido e innervato di servizi efficienti, in un sistema economico aperto.”

Un “modo costituzionale”: è una formula bella e affascinante, se non restasse solo tale, se godesse di quella effettività che è pretesa anche dagli altri fondamentali principi della Costituzione, primo tra tutti quell’uguaglianza rivendicata e garantita dall’art. 3.

E invece, nella realtà, capita ancora che un dato anagrafico faccia la differenza.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

Potrebbe interessarti anche:

Quotidiano
3 febbraio 2024

L’errore

Leggi l'articolo
Quotidiano
3 febbraio 2024

Esempi ed esemplari

Leggi l'articolo
Quotidiano
16 dicembre 2023

La danza della felicità

Leggi l'articolo
Quotidiano
20 gennaio 2024

Il peso delle parole

Leggi l'articolo
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy