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Roberto Bolle: grazia e bellezza

Autore: Ester Annetta
“Mi si sono aggrovigliate le budella!” esclamava Julia Roberts nei panni della protagonista di Pretty Woman nell’assistere per la prima volta ad un’opera lirica.

Ed è esattamente la sensazione che si prova davanti all’infinita bellezza del connubio tra perfezione del corpo e grazia dei movimenti con cui Roberto Bolle è capace di animare un immenso palco spoglio, incastonato nella magnifica cornice del Circo Massimo.

Il “Roberto Bolle and Friends” è tornato a Roma, per tre sole sere, su un diverso palco: non più quello delle grandi sale dei teatri né quello “estivo” delle Terme di Caracalla, ma in uno spazio nuovo, più ampio, in cui la stagione dell’Opera ha trovato ospitalità nel massimo rispetto delle regole di distanziamento antipandemiche.

Un ritorno necessario, voluto e sperato, perché “l’arte illumina la vita ogni giorno e, dunque, una vita senz’arte è una vita buia e spenta” , come ha esordito la stessa Etoile in apertura di serata, ricordando - attraverso un video che rappresentava il vuoto e la solitudine dei teatri abbandonati durante l’anno appena trascorso - le parole di Isadora Duncan.

E luce, davvero, è stata quella che per circa un’ora e mezza ha brillato su quel palco, che non ha avuto bisogno di allestimenti, arredi e cornici per riempirsi di vita e armonia.

Bolle ed i suoi “friends” hanno interpretato coreografie diverse per stili e generi, provocando, tuttavia, nel pubblico la stessa magnetica attrazione, sia che a fare da sottofondo ai passi di danza fossero le note dei classici dell’ottocento o quelle dei moderni balletti hi-tech.

Tutto era bellezza e perfezione, anche il semplice inchino con cui al termine d’ogni esibizione i danzatori ringraziavano la platea.

Il corpo statuario di Bolle, scolpito nella definizione dei suoi muscoli perfettamente distribuiti e proporzionati, era già di per sé parte dello spettacolo; la leggerezza dei suoi passi, l’armonia dei movimenti, la sincronia perfetta del corpo con la musica, tutto il resto.

A danzare su quel palco c’era la sintesi più autentica del lavoro – fatto di ore di prove, cadute e riprese - della passione e della devozione che rendono sublime il talento e la grazia di chi dell’espressione del proprio corpo ha fatto una scelta di vita.

Lo spettatore guarda, osserva e si sorprende ogni volta nello scoprire di quanta plasticità e fluidità possano essere capaci gli arti, persino la più piccola articolazione. Braccia che si distendono come ali, gambe tese sulle punte, dritte e simmetriche come le aste di un compasso, su cui poco dopo i busti piroettano, una, cinque, dieci volte, tornando poi puntualmente in asse e in equilibrio.

Si resta ammaliati da tanta agilità e compostezza, increduli, quasi, che un corpo possa essere in grado di far tanto, quando quotidianamente ogni comune essere umano ha almeno una volta provato la difficoltà di allacciarsi un paio di scarpe o tirar su la cerniera posteriore d’un vestito.

Con i suoi 46 anni Bolle sembra ancora un dio, un Apollo incarnato.

Il suo fisico è una macchina perfetta, forgiata dalla danza; uno “strumento per l’arte” – come lui stesso l’ha definito - come lo è il pennello per il pittore o il violino per un musicista.

Sacrificio e dolore sono il segreto di tanta bellezza, una vera e propria “schiavitù” che ripaga tuttavia la passione con un incontestato successo.

E con tanto splendore, artistico e fisico, l’Etoile rapisce e incanta le platee del mondo intero, regalando momenti che sono estasi, boccate di vitalità e di leggerezza che rinfrancano lo spirito e la mente, rapendoli e portandoli in una dimensione lontana e magica dove sembra possano simbolicamente cadere tutte le zavorre che inchiodano l’uomo alla terra, alla realtà, al peso degli affanni.

Ma ciò che è ancor più straordinario è che con Bolle la danza è potuta uscire dai suoi antichi canoni, da quell’aura d’elezione che ne ha sempre fatto un’arte per pochi, raffinati e devoti intenditori. È divenuta così un “frutto per la collettività”, un dono per ogni sorta di pubblico, uno spettacolo davanti al quale ci si può commuovere per il solo percepirne la bellezza e l’armonia, senza necessità di comprenderne la tecnica e i simbolismi.

Forse allora è proprio questo il merito maggiore di questo grande artista: l’aver saputo rendere terreni, nell’eterea finezza del suo corpo e dei suoi movimenti, la grazia, l’eleganza e lo splendore d’una virtù divina.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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