“Spero in un mondo senza sigarette entro il 2030”: se a pronunciare queste parole fosse stato uno pneumologo non ci sarebbe nulla di strano. Invece colpiscono con ancora più forza perché uscite dalla bocca di Jacek Olczak, nientemeno Ceo della “Philip Morris”, multinazionale americana del tabacco. Un po’ come se John Elkann dicesse che le auto sono pericolose ed è meglio non comprarle.
Eppure, proprio il manager che guida un gruppo colossale dal fatturato pari a 75 miliardi di dollari, con 82mila dipendenti e prodotti venduti in 180 paesi, nel corso di un’intervista rilasciata al “Mail on Sunday” inglese, ha espressamente invitato il governo britannico a vietare la vendita di sigarette entro un decennio, a cominciare dalle iconiche Marlboro, il suo marchio più leggendario.
Per Olczak, manager polacco apertamente ostile al fumo, la questione andrebbe trattata al pari delle auto a combustione interna, che secondo il progetto green europeo dovrebbero sparire dalla circolazione entro il 2030. “Non fatichiamo a immaginare un mondo senza sigarette: anzi, prima succede, e meglio è per tutti. La decisione metterebbe fine alla confusione provata dai fumatori, alcuni dei quali pensano ancora che le alternative elettroniche siano peggiori delle sigarette”.
Un carpiato aziendale a cui è difficile trovare dei precedenti - a parte forse la dichiarazione di “femminismo” lanciata di recente da “Victoria Secrets”, marchio per anni tutt’altro che inclusivo - che corrisponde ad un preciso cambio d’immagine della Philip Morris, che da dispensatrice di morte sotto forma di pacchetti da 20, vorrebbe riciclare la propria immagine in un’azienda più vicina a concetti di salute e benessere. Non è semplice altruismo o amore verso il prossimo, ammoniscono gli analisti: i recenti risultati della trimestrale sono stati assai deludenti, trainati verso il basso da percentuali di fumatori sempre più basse, e dalla fuga degli investitori, che nel tabacco non credono più. Non c’è bisogno di essere esperti per interpretare i dati: nel 1965 fumava il 43% degli americani, oggi è rimasto appena il 14%.
Una mano di vernice atossica che la Philip Morris si sta intestando dopo aver annunciato di recente l’obiettivo a cui sta lavorando: che entro il 2025 la metà del suo fatturato provenga da prodotti per non fumatori.
Una posizione che non ha salvato l’azienda dalle critiche degli attivisti antifumo che l’hanno accusata di ipocrisia dopo l’acquisizione di “Vectura”, una società farmaceutica britannica che produce inalatori medicali. Un’operazione definita da alcuni esperti “una delle mosse più ciniche mai viste”.
In realtà, secondo gli attivisti le grandi compagnie del tabacco si stanno astutamente posizionando nelle file di coloro che chiedono un mondo senza fumo, mentre continuano a vendere e promuovere sigarette. Cambiare tutto per non cambiare niente, come nel “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, visto che il futuro è segnato da una riga rossa: secondo l’OMS, il fumo, attivo o passivo che sia, uccide circa 8 milioni di persone all’anno.
Per questo, le multinazionali del tabacco puntano compatte verso le alternative elettroniche alle sigarette: Philip Morris, ad esempio, spinge l’IQOS, un dispositivo per sigarette che riscalda il tabacco e regala sensazioni simili, ma prive di fumo e catrame.
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