Nel momento in cui scrivo l’esito delle elezioni per la scelta del tredicesimo Presidente della Repubblica Italiana non si conosce ancora, né Wikipedia ha provveduto ad aggiornare al passato prossimo la voce “Sergio Mattarella” con riferimento al suo quasi archiviato mandato alla più alta carica dello Stato.
Qualunque sarà l’esito dello scrutinio, col conseguente accento mediatico che, nei prossimi giorni, sarà calcato sulla figura del successore di Mattarella, è invece proprio a quest’ultimo che voglio dedicare un’ultima attenzione, in omaggio a ciò che è prima ancora che a ciò che ha rappresentato.
Giusto qualche sera fa ascoltavo distrattamente una trasmissione televisiva su cui si commentava l’esito della prima votazione per la scelta del nuovo Presidente e nel contempo si disegnavano profili ed ipotesi attorno ai nomi dei possibili nuovi affidatari dell’incarico.
Mi ha colpito su ogni altra una frase del conduttore della trasmissione che, riferendosi a Mattarella, rilevava come al momento della sua salita al Quirinale lo si fosse etichettato come personaggio divisivo e quanto invece nel corso del suo mandato sia sempre più emersa la sua natura super partes, di autentico garante della Costituzione.
Ecco, è da qui che vorrei partire, associandomi all’idea di chi (moltissimi, credo) ritengono che Mattarella sia stato un uomo di valori oltre che di valore e come sia stato apprezzato proprio per tale virtù prima ancora che come Presidente.
Di lui ricorderemo l’estrema riservatezza e la pacatezza, così straordinarie proprio perché paradossalmente “stonate” nel contesto di un coro politico composto perlopiù da note in cui prevalgono i toni della rissa, della contesa e delle pulsioni non trattenute; l’essere stato un comunicatore istituzionale efficace, grazie, certamente, ai suoi pregi politici ed accademici, ma, ancor prima, alla sua mitezza ed alla sua compostezza, con cui ha insegnato che gli argomenti più persuasivi non sono quelli di chi fa più chiasso; l’essere stato un uomo comune, un pari d’ogni altro cittadino, ligio alle regole ed al rispetto degli altri, prima ancora che un’autorità.
Ed è stata proprio questa combinazione di fattori - la sua riservatezza, Il suo essere molto attento alla sua vita privata e alle sue scelte, in uno con l’essere esempio lui stesso di cittadinanza civile, di unità e di rispetto di principi, diritti e doveri – che gli ha permesso di diventare uno fra i presidenti più amati nella storia della Repubblica, divenendo financo, suo malgrado, involontariamente “virale” in rete, grazie ad una grande quantità di meme che, lungi dall’essere denigratori od offensivi, ne hanno viceversa esaltato i pregi in un equilibrio sottile di ironia e ammirazione.
Senza dar corso a show televisivi, al pari di tanti esponenti politici, né mai vestendo i panni dell’influencer, moda che tanto è andata affermandosi negli ultimi anni anche tra gli scranni dei parlamentari, Mattarella è riuscito ad arrivare ovunque, a parlare ad ogni cittadino, ad interessarlo alle sorti dello Stato come mai era accaduto prima d’ora.
Ed è dunque anche per questo che oggi tutti sono in grado di riconoscerne i meriti: dall’aver saputo mantenere la rotta dello Stato durante la breve e fallimentare vita della Terza Repubblica, all’inizio del suo mandato, fino alla gestione della pandemia, nel suo ultimo biennio.
Non si è di certo trattato di uno statista “statico”, piuttosto di un convinto sostenitore del cambiamento e della consapevolezza che esso vada raccolto e accompagnato, sebbene mantenendolo contenuto dagli argini delle regole costituzionali.
E lo ha dimostrato riuscendo a mantenere in apprezzabile equilibrio il sistema politico anche sotto la pressione di forti tendenze antisistema e antieuropeiste; ha contrastato con lucida razionalità pretese irragionevoli e destabilizzanti; ha dignitosamente mantenuto la sua posizione anche di fronte all’incauta e deplorevole minaccia d’una messa in stato d’accusa.
Oltre a ciò – e forse soprattutto – si è fatto amare perché nel suo riserbo ha saputo comunque rivelare la sua umanità, la sua semplicità ed onestà di gentiluomo e di uomo tra gli uomini:
tutti lo ricorderemo mentre si sistema il ciuffo ribelle durante un collegamento video al tempo del lockdown, rivolgendosi al suo fidato portavoce Giovanni (Grasso) ricordandogli che nemmeno a lui è consentito andare dal barbiere; lo rivedremo immortalato in quella foto perfetta – divenuta esempio e simbolo di speranza e di fiducia nella scienza - che lo ritrae in fila come gli altri allo Spallanzani, serio, con la sua mascherina correttamente indossata, mentre aspetta senza privilegio alcuno il proprio turno d’essere vaccinato; lo immagineremo sempre composto, col sorriso appena accennato, di fronte allo stupore della giovane donna che se l’era ritrovato sulla soglia del suo appartamento quand’era alla ricerca di uno da prenderne in affitto, qualche mese fa, quand’aveva ormai deciso che un Mattarella-bis non ci sarebbe stato.
Ripenseremo a quell’uomo solo che sale le scale dell’altare della Patria per consegnare il suo silenzioso omaggio al Milite Ignoto, o che sosta in muta preghiera davanti alle lapidi delle vittime delle Fosse Ardeatine.
E della solitudine del suo ruolo ci ricorderemo di quanto egli stesso sia stato sempre consapevole – considerandola una necessità e non una sconfitta - , come a novembre scorso ha dichiarato nel bellissimo discorso di commemorazione di Giovanni Leone, nel ventennale della sua morte: “Forse la solitudine è coessenziale alla funzione di Presidente della Repubblica. Ma nessun uomo è solo se sceglie di mantenere la sua libertà, avendo come limite l’obbedienza alla propria coscienza.”
Lui l’ha fatto; lui è stato un uomo libero.
Sarebbe perciò meraviglioso se un giorno, un futuro Presidente, nel ricordare la figura di Mattarella, riproponesse la stessa immagine che lui ha usato per raccontare il coraggio, la generosità, la coerenza e la disponibilità di Leone: “Nella vita di ogni comunità – e quella politica non fa eccezione – si manifestano momenti di difficoltà, di incomprensione, di stallo, in cui la nave sembra rifiutarsi di proseguire, le macchine paiono smettere di funzionare. Questo, naturalmente, applicato alla vicenda politica può portare a conseguenze imprevedibili. Entrano in campo allora le forze della saggezza e della conciliazione per riannodare il dialogo, per far proseguire il cammino, per aprire nuovi orizzonti.”
Grazie Presidente per questa eredità.