27 gennaio 2025

Una sfida al limite: essere mamme e libere professioniste

Da un sondaggio realizzato su un ampio campione di free-lance, emergono le enormi difficoltà di chi tenta di gestire una carriera con le esigenze familiari, che cambiano radicalmente con l’arrivo di un figlio

Autore: Germano Longo
Secondo un antico proverbio ebraico “Dio non poteva essere dappertutto, così ha creato le madri”. Peccato abbia scordato che anche per le mamme, essere dappertutto non è affatto semplice. Specie se lavorano e ancor di più - come aggravante - se sono libere professioniste.

E se l’arrivo di un figlio è di per sé una benedizione, è altrettanto vero che si tratta di una rivoluzione epocale, perché tutto quello che era stato prima non sarà mai più così. Ritmi e orari si fanno di colpo diversi e trasformano le giornate in prove di velocità ed energia contro le lancette dell’orologio, che scorrono inesorabili pretendendo un equilibrio complicatissimo fra la vita e quel che in fondo permette di vivere. Un bilanciamento complicatissimo anche per chi può contare sulla presenza paterna, un aiuto che tuttavia nulla toglie alle donne sul peso di sensi di colpa con due corsie per senso di marcia: verso la famiglia quando si è al lavoro, e nei confronti della propria professione quando si è a casa.

Alla base di tutto c’è un cambio radicale di un paradigma dalle radici antichissime: fino ai primi decenni del secolo scorso, il destino delle donne era scritto nella pietra e diviso equamente fra casa e famiglia, in quale ordine non importa. E quelle che lavoravano, trovavano impiego giusto in mestieri “da femmine”, che lasciavano tempo a sufficienza per non perdere gli altri due obblighi contrattuali.

Ma malgrado l’evoluzione sociale, certe cose faticano a cambiare percorso: ancora oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, per una donna la maternità equivale alla scelta obbligata di dire addio a carriera e ambizioni. Un fenomeno di cui si occupa anche la sociologia, definito “motherhood penalty”, più o meno il prezzo da pagare per diventare mamme.

Ma vivaddio, la maternità resta un’esperienza straordinaria per tutte le donne, anche per le libere professioniste, malgrado le enormi difficoltà che comporta. Un’esperienza che è diventata il tema di un questionario web based proposto dalla “Edipro” (Ente Bilaterale Nazionale per gli Studi Professionali) alle proprie iscritte e i cui risultati sono stati esaminati da “Confprofessioni”, la confederazione dei liberi professionisti. Si tratta di un prezioso dossier di risposte a cui hanno deciso di partecipare 1.300 professionisti datori di lavoro per l’82% genitori, di cui più della metà (il 55%) rappresentate da donne che lavorano come consulenti del lavoro (32%) e revisori contabili (25%), e il resto da uomini impegnati come revisori contabili (31,7%), odontoiatri (17,5%) e consulenti del lavoro /16,2%). Per finire con un dato fra i più esplicativi: il 61% delle donne che hanno risposto al questionario apparteneva alla categoria dei liberi professionisti prima della nascita del figlio e il 34% era dipendente, ma entrambe hanno cambiato lavoro diventando mamme.

Resta un residuo e sparuto 36% che ha dichiarato di non aver subito cambiamenti dall’arrivo di un figlio, a fronte di un 68,3% degli uomini. In pratica: quattro donne su dieci non hanno avuto problemi, contro i 7 maschi (sempre su 10) per cui l’arrivo di un bimbo in casa non ha cambiato davvero nulla.

“Una disparità significativa – spiega la ricerca – che evidenzia come l’impatto della genitorialità sulle carriere femminili sia quasi il doppio rispetto a quello maschile. Il dato suggerisce una diversa distribuzione delle responsabilità familiari e lavorative tra i sessi. Inoltre, emerge come tra le donne il 13,8% ha delegato parte delle proprie attività. Un ulteriore 13,2% risposta di svolgere le stesse attività in meno tempo, evidenziando una pressione maggiore sull’efficienza”.

Singolari anche le risposte su carriera professionale e maternità: quattro professioniste su cinque sono fermamente convinte che il “pancione” – diciamo così – possa diventare una penalità nel percorso lavorativo, e la percentuale cresce addirittura con il calare dell’età: l’83% delle donne più giovani sa che diventare mamma equivarrà a pagare un prezzo molto salato.
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