Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, con il Pronto Ordini n. 108/2025, chiarisce che i messaggi audio di WhatsApp sono ammissibili come prova nei procedimenti disciplinari.
Questa posizione è in linea con l'orientamento della Corte di Cassazione, che ha già riconosciuto l'utilizzabilità dei messaggi provenienti da applicazioni di messaggistica istantanea come elementi probatori.
Il caso sottoposto
Un Collegio di disciplina ha sollevato un quesito sull'utilizzabilità, in un procedimento disciplinare, di file audio prodotti dagli esponenti e trascritti negli esposti, relativi a illeciti disciplinari a carico di un iscritto all'ordine. Ciò premesso, si è chiesto al Cndcec se siano utilizzabili nel procedimento disciplinare i files audio prodotti dagli esponenti ed il cui contenuto risulti trascritto negli esposti depositati.
La risposta del CNDCEC
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha esaminato la questione, e in n via preliminare, si espone che le registrazioni rientrano nel più ampio genus delle riproduzioni meccaniche, regolamentate dall'art. 2712 c.c., che le considera piena prova dei fatti rappresentati, salvo disconoscimento da parte del destinatario.
Il Consiglio Nazionale fa anche riferimento a una pronuncia recente della Corte di Cassazione Ordinanza Cass. Civ. sez. II, 18.01.2025, n. 1254. In tale decisione la suprema Corte ha esaminato il tema dell'utilizzabilità delle chat WhatsApp come prova nel processo civile.
Nel caso specifico, la Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello che aveva ritenuto utilizzabile, come elemento di prova, un messaggio whatsapp inviato dal soggetto debitore.
In particolare, la Corte di Cassazione ha stabilito, “che i messaggi "whatsapp" e gli "sms" conservati nella memoria di un telefono cellulare sono utilizzabili quale prova documentale e, dunque, possono essere legittimamente acquisiti mediante la mera riproduzione fotografica, con la conseguente piena utilizzabilità dei messaggi estrapolati da una "chat" di "whatsapp" mediante copia dei relativi "screenshot", tenuto conto del riscontro della provenienza e attendibilità degli stessi (Cass. Sez. U, Sentenza n. 11197 del27/04/2023)”.
Ciò premesso, il Consiglio afferma che i messaggi whatsapp sono stati ricondotti dalla Corte di Cassazione nel perimetro applicativo dell’art. 2712 c.c., norma che, come già indicato, disciplina le riproduzioni meccaniche, stabilendo che le riproduzioni informatiche formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale vengono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.
In conclusione, i messaggi whatsapp conservati nella memoria di un telefono cellulare siano pienamente utilizzabili quale prova documentale e possano essere legittimamente acquisiti anche nell’ambito di un procedimento disciplinare, fermo restando il possibile disconoscimento, da parte del soggetto incolpato, della conformità dei contenuti dei suddetti messaggi rispetto ai fatti rappresentati.
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