19 aprile 2012
19 aprile 2012

Antipolitica e meritocrazia: lezioni di vita

A cura di Antonio Gigliotti

Il mondo ricompensa piuttosto le apparenze del merito che il merito stesso (François de La Rochefoucauld)

La crisi che stiamo vivendo in questi anni ci ha messo di fronte a scelte difficili, a realtà dure da affrontare. Personali e non. Perché non è necessario avere delle difficoltà economiche per soffrire la crisi, sfogliare i quotidiani e leggere delle tragedie che si collegano a questo periodo, come i suicidi di molti imprenditori, ci costringono a porci delle domande, domande alle quali non sempre si trovano le risposte.

Chiedersi se sia giusto o meno bruciare in pochi anni, a volte mesi, la storia di una vita. Ma anche le attese del futuro. Com’è accaduto recentemente in Calabria, a Cosenza, dove una giovane si è tolta la vita lanciandosi nel vuoto dal balcone della sua abitazione. Lucia – questo il nome della donna - si era laureata in Ingegneria gestionale con il massimo dei voti, ma aveva un lavoro di ripiego, poco retribuito. E aveva una bimba di appena due anni.

La mamma, in una lettera, parla di una ragazza profonda che non riusciva a vivere la sua condizione di giovane, forse proprio per colpa sua, della generazione dei genitori che hanno messo al mondo figli ai quali non si è in grado di offrire spensieratezza, voglia di vivere e un futuro lavorativo. Quella leggerezza che non si traduce in superficialità, ma in energia creativa.

Una ragazza fiduciosa del fatto che il merito prima o poi avrebbe ripagato dei sacrifici fatti. Ragazza che ha sempre dato senza mai chiedere, ma che secondo la mamma, aveva un solo difetto: portare un cognome anonimo e credere nella meritocrazia.

Se i ragazzi di oggi non hanno la possibilità di utilizzare la loro fantasia, inventività, di porsi obiettivi e decidere le proprie ambizioni, è perché noi e la società in cui viviamo gli stiamo tagliando le ali. Noi siamo responsabili di questa assenza di futuro. Noi e il governo.

La politica che si è sempre più appiattita su se stessa, pensando agli interessi del loro piccolo e buio orticello. Ora temono l’antipolitica. E hanno ragione. Non possono incolpare i cittadini del fatto che l’antipolitica prenda piede. Che cos’è poi questa antipolitica? È insofferenza. È insoddisfazione. È esasperazione.

Anche noi commercialisti conosciamo bene questi sentimenti. Quante volte ci siamo sentiti rifiutati dalle istituzioni e dalla mediazione politica, nonché sfruttati dall’Amministrazione Finanziaria. In sostanza, anche noi siamo stati spesso lasciati soli. Tant’è che abbiamo dovuto organizzarci se volevamo sopravvivere.

Ma sperare, credere, di poter cambiare le cose è difficile quando tutto rema contro. Anche chi dovrebbe rappresentarti, “lavorare per te”, pensa ad altro.

Ma noi, nonostante tutto, vogliamo essere promotori di una visione nuova. Riflettiamo e soffriamo di questi brutti episodi di cronaca che leggiamo e viviamo sulla nostra pelle. Ma non possiamo cedere, dobbiamo dare e avere la forza di andare avanti.

Noi, tramite il nostro quotidiano, ci proviamo tutti i giorni.E nonostante momenti di sconforto, abbiamo comunque la convinzione che prima o poi l’onestà paghi.

Sono convinto che nonostante i fatti accaduti in Calabria (che comunque ci devono far riflettere) dobbiamo sperare e credere che il sacrificio prima o poi verrà premiato.

Voglio chiudere ricordando una frase di Albert Einstein: “E’ meglio essere ottimismi ed avere torto piuttosto che essere pessimisti ed avere ragione”.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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